Inquinamento. Pericoli anche per la salute di tutti - Ansa / Epa
«Vi è una percezione della gravità ambientale ma non dell’urgenza di provvedimenti seri. Da troppo tempo assistiamo a questo attacco alla vita, alla dignità, alla casa comune». È la denuncia di monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, che avverte: «Se non si cambia rotta nel 2050 la situazione sarà grave e nel 2100 irrecuperabile».
Così i vescovi italiani ascoltano «il grido della Terra e il grido dei poveri», come chiede papa Francesco, e lo fanno in modo concreto, per far maturare la consapevolezza sia nella comunità ecclesiale che nella società civile. È l’obiettivo del convegno "Custodire le nostre Terre" che si terrà online sabato 17 aprile, dalle ore 9 alle 13, per iniziativa delle Commissioni Episcopali per il servizio della carità e la salute, e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, degli Uffici nazionali per la pastorale della salute e per i problemi sociali e il lavoro, e della Caritas. Un incontro, aperto dal presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, che chiama a raccolta le 78 diocesi, ben un terzo del totale, che ospitano i 42 "siti di interesse nazionale", i più inquinati d’Italia in attesa di bonifica.
«Un’occasione di riflessione, non solo per addetti ai lavori, per far crescere questa sensibilità anche nelle nostre comunità», spiega monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo metropolita di Gorizia e presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, aggiungendo che «il problema non è solo della "terra dei fuochi"». Un concetto che sottolinea anche monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza episcopale campana. «Terra dei fuochi non è un luogo circoscritto ma un fenomeno diffuso in tutto il Paese». Ma certo il territorio tra le province di Napoli e Caserta è un simbolo.
Così il convegno, anche se online, avrà sede proprio ad Acerra dove «il Papa verrà appena la pandemia lo renderà possibile», annuncia Di Donna, sottolineando come a fronte di «una debolezza delle risposte da parte della politica, la Chiesa è diventata spesso l’unico punto di riferimento per la gente, per quelle madri e quei padri di figli morti per il cancro a cui vogliamo dedicare questo convegno».
«Condividiamo, con la "terra dei fuochi", la situazione drammatica che mette a repentaglio la vita e la dignità delle persone, in nome dell’ottimizzazione dei profitti e ignorando la difesa della vita e dell’ambiente», afferma Santoro. Con un ulteriore appello alla politica. «Auspichiamo dei provvedimenti che garantiscano una continuità delle bonifiche. Non è possibile che ogni cambio di governo si ricominci daccapo».
E «passi concreti» chiede anche monsignor Redaelli perché «questa è una sfida che dobbiamo vivere sempre, con una concezione di bene comune sempre più ampia». Una sfida anche per la Chiesa. Così già emergono alcune proposte come la necessità di far entrare il tema nelle parrocchie, «per evitare che resti argomento di élite».
E ancora un sussidio catechistico, un osservatorio permanente, un coordinamento tra le 78 diocesi "inquinate", un "marchio" della Chiesa per garantire la qualità dei prodotti agricoli ed evitare che al danno ambientale si aggiunga anche quello economico. «Salute, ambiente e lavoro – avverte il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute, don Massimo Angelelli – non sono in antitesi. L’idea che siano alternativi l’uno all’altro è un ricatto inaccettabile». E da monsignor di Di Donna arriva un ultimo appello: «Alcuni camorristi si sono pentiti del danno ambientale provocato nelle nostre terre. Attendo ancora il pentimento di alcuni imprenditori e politici del Nord».