mercoledì 25 giugno 2014
​Una lettera aperta firmata da monsignor Valentinetti, a nome di tutti i vescovi, per fare chiarezza sul ruolo delle diocesi nella riscostruzione postsismica.
Monsignor D'Ercole: «Su di me solo falsità» (19/6)
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Una lettera aperta, firmata da monsignor Tommaso Valentinetti, presidente della Conferenza episcopale abruzzese-molisana, a nome di tutti i vescovi, per fare chiarezza sul ruolo delle diocesi nella ricostruzione postsismica. Dopo avere espresso apprezzamento e fiducia nei confronti di magistratura e forze dell’ordine, i presuli si dichiarano disponibili ad offrire la propria collaborazione “perché si faccia piena verità sulle notizie, comparse sulla stampa, che lasciano intravedere inquietanti manovre speculative e disgustosi giri di mazzette”. “La nostra richiesta di vedere riconosciute le diocesi abruzzesi come ‘soggetti attuatori’, indirizzata alcuni mesi fa alla Presidenza del Consiglio dei ministri - si legge nel testo -, è giuridicamente legittima e operativamente corretta, come è dimostrato dal fatto che questa stessa titolarità è stata pacificamente attribuita alle chiese delle Marche, dell’Umbria e dell’Emilia Romagna, colpite da analoghe calamità naturali”, ed è “unicamente diretta a garantire alla comunità ecclesiale la possibilità di partecipare - come è suo diritto - ai tavoli di concertazione, dove vengono elaborate e prese le decisioni che riguardano il patrimonio ecclesiastico, di proprietà delle diocesi”. L’intento è “poter disporre di regole meglio definite e più certe” in grado di “determinare con chiarezza modalità, entità e tempi dei finanziamenti erogati per la ricostruzione del patrimonio ecclesiastico”. Se la domanda fosse stata accolta, proseguono i vescovi di Abruzzo e Molise, avremmo “rinunciato all’assegnazione degli incarichi e alla gestione diretta dei finanziamenti stanziati come anche delle successive cantierizzazioni”. Di qui la richiesta di “una nota che prevedesse la possibilità di attivare specifiche convenzioni con altri enti”. Il fatto che, “a nostra insaputa, siano stati messi in atto - come sembra - tentativi di strumentalizzare a fini disonesti la nostra richiesta - si legge ancora nella lettera -, costituisce un atto grave che ci offende profondamente e suscita la nostra indignata riprovazione”. Nell’ipotesi che la richiesta di diventare “soggetti attuatori” non venisse accolta, i presuli ritengono urgente lo studio di “nuovi percorsi normativi, più adeguati e articolati di quelli attuali” per “consentire una rapida e trasparente ricostruzione degli edifici sacri (di proprietà delle diocesi)”, e si dicono certi dell’estraneità di monsignor D’Ercole, incaricato a seguire l’iter procedurale della pratica, “ad ogni manovra criminosa che potrebbe essere stata architettata alle sue spalle”. La legge “deve essere attuata a tutto campo e fino in fondo: perciò, chiunque abbia compiuto reati va perseguito, nessuno escluso”, anche se “nessun indagato può essere giudicato colpevole prima di essere condannato da un legittimo tribunale”.
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