martedì 27 maggio 2014
In serata il vertice dei capi di governo.
Il giudizio e le attese  di Marco Tarquinio

 

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Le​ conseguenze del voto per le europee e la partita delle nomine ai vertici delle istituzioni europee: questi i temi sul tavolo dell'incontro informale tra i leader dei 28 che si tiene martedì sera a Bruxelles. Una cena preceduta, nel pomeriggio, dai summit delle principali famiglie politiche: quello dei popolari (Ppe) a cui partecipa Angelino Alfano, quello dei socialisti (Pse) al quale Renzi in ritardo sulla tabella di marcia ha deciso di non partecipare e quello dei liberaldemocratici dell'Alde. Renzi stamattina ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale per fare il punto sull'esito del voto, sulle prossime riforme e sul semestre di presidenza italiano dell'Ue. A Bruxelles, prima degli incontri politici il premier ha fatto tappa al museo ebraico, teatro nei giorni scorsi dell'attentato in cui hanno perso la vita quattro persone. Renzi stamattina ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale per fare il punto sull'esito del voto, sulle prossime riforme e sul semestre di presidenza italiano dell'Ue. A Bruxelles, prima degli incontri politici il premier ha fatto tappa al museo ebraico, teatro nei giorni scorsi dell'attentato in cui hanno perso la vita quattro persone. "Mai più" ha twittato.

Arrivato allo Justus Lipsius, dove si tiene la cena dei premier europei Renzi ha detto: "sono qui a rappresentare uno dei più grandi paesi dell'Ue". Quanto alle nomine il premier ha detto che "i nomi vengono dopo l'accordo su ciò che dobbiamo fare. Prima vengono le cose da fare, gli argomenti su cui trovare un equilibro". La cosa più importante è recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti della politica. "Vogliamo un'Europa che parla il linguaggio dei cittadini" sottolinea Renzi Renzi arriva in Europa da vincitore assoluto, il suo è infatti l'unico governo, con l'eccezione di quello tedesco dell'inossidabile Merkel ad aver ottenuto dagli elettori una promozione a pieni voti. Il gruppo del Pd, composto da 31 eurodeputati, sarà il più nutrito della pattuglia socialdemocratica, battendo anche quello tedesco. Un mandato pieno ad andare avanti, a cambiare l'Europa e a far contare di più in questa Europa l'Italia. Inutile dire che iriflettori stasera saranno puntati su di lui. Intanto il premier incassa i complimenti del Martin Schultz, presidente del parlamento europeo e candidato socialista alla presidenza della Commissione. "Il suo è uno straordinario successo, rappresenta il rinnovamento necessario, ha il coraggio di chiedere cambio di rotta all'Ue" ha detto Schultz. Un cambio legato soprattutto ad un allentamento dei vincoli legati al patto di stabilità. Dall'Italia Nichi Vendola, uno dei sostenitori della lista Tsipras, invita Renzi a "stupire tutti e mettere subito in agenda la possibilità di toglierci il cappio di stabilità dal collo. Una battaglia ormai universale contro quei vincoli che vanno abbattuti". Il voto è stato solo l'inizio, la distribuzione delle carte. La partita delle nomine europee è appena iniziata e durerà settimane, se non mesi. In tarda mattinata si è riunita la capigruppo, presieduta da Schulz che ha dato incarico a Jean Claude Juncker, il candidato del Ppe di "tentare di formare la richiesta maggioranza per la presidenza della Commissione". La successione sulla poltrona occupata da Josè Manuel Barroso negli ultimi dieci anni non sarà facile. Anche perchè il Ppe pur confermandosi prima formazione politica (con 213 seggi) è in forte calo rispetto ai socialdemocratici che hanno invece sostanzialmente retto all'onda d'urto degli euroscettici. Alla scelta del presidente della Commissione è legata quella dell'erede di Herman Van Rompuy come presidente del Consiglio europeo per la quale circola il nome di Enrico Letta. L'Italia, che prima di assumere la presidenza di turno il primo luglio dovrà indicare il sostituto di Antonio Tajani, eletto con Fi, commissario all'Industria. L'ipotesi che circola con insistenza è che possa aspirare ad un portafoglio più pesante (quello del Commercio, monopolizzato dai liberali negli ultimi 10 anni). Per Juncker comunque la strada appare in salita. Contro la sua candidatura ha già promesso che farà fuoco e fiamme David Cameron, che lo considera troppo poco riformista. Sembra però che anche Angela Merkel, fino a poche settimane fa scettica sull'idea dei partiti di condizionare la scelta del Consiglio presentando loro candidati, sia disposta ad appoggiare il lussemburghese. Che avrà il difficile compito di trovare un accordo di programma con i socialdemocratici. Se l'ipotesi delle larghe intese dovrebbe fallire potrebbe beneficiare un terzo incomodo come il liberale Guy Verhofstadt. O l'esterna Christine Lagarde. Ma scegliere lei significherebbe cancellare il sogno di elezione diretta inventato dai partiti.

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