martedì 25 agosto 2009
Il Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti Vegliò ribadisce: siamo tutti chiamati alla responsabilità. E sottolinea il bisogno di rispettare i diritti inalienabili della persona, a maggior ragione in stati di estrema necessità.
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Continuano, univoche, le prese di posizione delle gerarchie ecclesiastiche, riguardo al dramma dei nuovi "boat people" del Mediterraneo. Ieri l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, ha replicato, pacatamente ma fermamente, al ministro leghista Roberto Calderoli, il quale il 22 agosto aveva insinuato che il presule avesse pronunciato parole che «non sono quelle del Vaticano e della Cei». «Vorrei asserire – ha affermato Vegliò in una nota scritta diffusa dalle agenzie stampa – che come capo dicastero ho il grande onore di fare dichiarazioni a nome della Santa Sede; mai sono stato contraddetto dalla Santa Sede; mai sono stato contraddetto dalla Conferenza episcopale italiana». «Forse il signor ministro – prosegue Vegliò – aveva in mente altre situazioni o si riferiva a qualcun altro. È poi inaccettabile e offensivo quanto viene riportato più avanti nella dichiarazione del ministro, quasi che io sia responsabile della morte di tanti poveri esseri umani, inghiottiti dalle acque del Mediterraneo. La mia dichiarazione partiva solo da un fatto concreto, tragico: la morte di tante persone, senza accusa – conclude – ma chiamando tutti alla propria responsabilità». Le critiche di Calderoli - che ieri ha sbrigativamente replicato a Vegliò non facendo minimamente tesoro delle precisazioni del presule - riguardavano una intervista rilasciata alla Radiovaticana di sabato scorso in cui il "ministro" vaticano - commentando l’ennesima tragedia della migrazione, avvenuta nel Canale di Sicilia - aveva ricordato che «ogni migrante è una persona umana» che «possiede diritti fondamentali inalienabili» da rispettare «in ogni situazione». «Quindi – aveva aggiunto Vegliò – se da una parte è importante sorvegliare tratti di mare e prendere iniziative umanitarie, è legittimo il diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni. C’è tuttavia un diritto umano ad essere accolti e soccorsi. Ciò si accentua in situazioni di estrema necessità, come per esempio l’essere in balia delle onde del mare. Per centinaia di anni i Capitani delle navi non sono mai venuti meno al principio fondamentale del diritto del mare, che prevede si debbano sempre soccorrere i naufraghi che si incontrano».Sempre ieri è stato rilanciato un articolo che il segretario del dicastero vaticano per i migranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha scritto per la rivista americana online "Jurist" che l’ha mandata in rete lo scorso 14 agosto. In essa il presule rileva come la nuova legge italiana sull’immigrazione, che ha «ristretto le norme legate all’immigrazione irregolare e ha trasformato la migrazione irregolare in un reato penale», rappresenta «un peccato originale» nella legislazione sull’immigrazione.Intanto l’altro ieri il vescovo di Pinerolo Piergiorgio Debernardi nel suo saluto al Sinodo valdese e metodista ha sottolineato come «soprattutto ci unisce la preoccupazione per le gravi misure adottate dal nostro governo contro gli stranieri, con il pretesto di dare più sicurezza agli italiani». Sempre lunedì l’arcivescovo di Lecce Domenico D’Ambrosio, al termine della processione dei santi protettori Oronzo, Fortunato e Giusto ha sottolineato come «il nostro Salento è terra di confine che sa aprirsi alle povertà dei profughi, dei maledetti da una storia spesso matrigna».Sul dramma dei migranti respinti in mare ha parlato poi, ieri, anche il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe. Nel corso della trasmissione Radio anch’io, il porporato ha detto: «Il problema fondamentale è che non si può rimanere sordi e ciechi, di fronte a queste tragedie umanitarie, come se niente fosse. Non si può non reagire». Per quanto riguarda poi la posizione delle gerarchie cattoliche, Sepe sottolinea che «la Chiesa ha sempre parlato con molta chiarezza, dal magistero del Papa ai vescovi: si tratta di difendere principi che fanno parte della dottrina cattolica e che si riflettono direttamente sulla dignità umana. Ogni migrante è una persona umana e in quanto tale possiede diritti fondamentali che sono inalienabili e che tutti devono rispettare. La Chiesa è sempre stata chiara e conseguente su questo punto».
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