giovedì 7 luglio 2016
La sentenza: per Nuzzi e Fittipaldi il Tribunale ha riconosciuto la propria non competenza territoriale. Per Vallejo Balda 18 mesi di reclusione, 10 per Chaouqui. Lombardi: processo necessario. EDITORIALE Senza privilegi (Salvatore Mazza)
Vatileaks: 2 condanne, prosciolti i giornalisti
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Dopo quasi 5 ore e mezza di camera di consiglio il Tribunale vaticano ha pronunciato la seguente sentenza nel processo cosiddetto «Vatileaks 2» sulla fuga di documenti riservati della Santa Sede. Condanne per monsignor Lucio Vallejo Balda (18 mesi di reclusione) e per Francesca Immacolata Chaouqui (10 mesi di reclusione, con pena sospesa) per la divulgazione di documenti riservati. Assoluzione per Nicola Maio. Difetto di giurisdizione per i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi che sono stati prosciolti dal reato vaticano di diffusione di notizie riservate "rilevata la sussistenza radicata e garantita dal Diritto Divino della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di stampa nell'ordinamento giuridico vaticano", considerato peraltro che "lo svolgimento processuale, la cui istruzione si è perfezionata solamente nel corso del dibattimento, ha evidenziato che i fatti contestati agli imputati sono avvenuti al di fuori del proprio ambito ordinario di giurisdizione, tenuto conto che gli stessi imputati non rivestono ai sensi del diritto penale la qualificazione di pubblici ufficiali, né sono ad essi equiparati". È una parte del dispositivo della sentenza letto dal presidente del Tribunale della Santa Sede, Giuseppe Dalla Torre.
Le motivazioni della sentenza verranno depositate nelle prossime settimane; ora ci sono tre giorni di tempo perché gli imputati possano proporre appello. Le reazioni"Questa sentenza rappresenta per me comunque una vittoria umana e la fine di un calvario". Questo il primo commento a caldo di FrancescaChaouqui all'uscita dal Vaticano.

La sentenza è stata "equa e saggia nonostante la condanna" lieve. Lo sottolinea Laura Sgrò, avvocato di Francesca Immacolata Chaoqui. "Il verdetto è stato soddisfacente - evidenzia Sgrò - nonostante la condanna a dieci mesi. Il punto è che le accuse per i reati principali sono cadute". A detta del legale della Chaoqui, la sentenza del Tribunale vaticano è stata di "grande saggezza. I giudici hanno guardato in faccia i fatti e questo è ciò che più importante e che fa dire che siamo in presenza di una sentenza saggia". Per quanto riguarda un eventuale appello, la legale della Chaoqui prende ancora "qualche giorno per riflettere".
Soddisfazione da parte di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi: "Una sentenza importante - ha detto Nuzzi - che ha stabilito l'indipendenza dei giornalisti nel raccontare i fatti. Un principio dal quale non si torna indietro". "Il proscioglimento dei giornalisti era l'unico epilogo possibile di un procedimento giudiziario che non sarebbe nemmeno dovuto cominciare"; lo affermano, in una nota, il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.

 

La nota di padre Lombardi"Questo processo si doveva fare" soprattutto "per dimostrare la volontà di combattere con decisione le manifestazioni e le conseguenze scorrette delle tensioni e polemiche interne vaticane": a sottolinearlo, con una nota di accompagnamento alla sentenza, il direttore della sala stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, che ancora una volta ribadisce come "questo non era in alcun modo un processo contro la libertà di stampa".

"Si doveva fare? È stato fatto correttamente? Con quali conclusioni? Si doveva fare. Perché c`è una Legge, per di più una legge recente (2013) e promulgata per contrastare le fughe di notizie", sottolinea padre Lombardi, ricordando che "negli anni recenti è stato sviluppato il sistema giuridico e penale vaticano per renderlo più completo e metterlo all'altezza delle esigenze odierne di contrasto dell'illegalità in diversi campi. Non si possono dichiarare intenzioni e stabilire norme e non essere coerenti nel metterle in pratica, perseguendo chi non osserva le leggi". E - avverte - "si doveva fare, per dimostrare la volontà di combattere con decisione le manifestazioni e le conseguenze scorrette delle tensioni e polemiche interne vaticane, che da un certo tempo si riflettono troppo frequentemente anche all'esterno tramite indiscrezioni o filtrazioni di documenti ai media, creando un circolo e un contesto ambiguo e negativo di interazioni fra discussioni interne e rilanci esterni tramite le comunicazioni sociali, con conseguenze negative anchenell'opinione pubblica, che ha diritto a una informazione obiettiva e serena". Perché "questa è una 'malattia', come direbbe Papa Francesco, da combattere con determinazione". E "per conoscere e valutare i diversi aspetti di questa situazione era giusto affrontare coraggiosamente anche la dimensione del ruolo e della responsabilità effettiva o meno dei giornalisti nella vicenda, nonostante le prevedibili polemiche a proposito della tutela della libertà di stampa".
Infatti "la libertà di stampa - ribadisce padre Lombardi - va certamente tutelata, ma la professione giornalistica può avere anch'essa dei limiti da rispettare se vi sono in concorrenza altri beni importanti da tutelare, ed è giusto verificare se questo è avvenuto o no". E "come è stato ribadito più volte, questo non era in alcun modo un processo contro la libertà di stampa"."Anche Benedetto XVI - ha proseguito il direttore della Sala stampa della Santa Sede -  pur non essendovi ancora la legge attuale, aveva ritenuto giusto che la giustizia 'umana' facesse il suo corso nei confronti del suo maggiordomo fino alla sentenza. Analogamente ora, anche se la responsabilità della divulgazione risaliva chiaramente a un ecclesiastico importante, non sarebbe stato giusto usare per questo motivo un trattamento diverso". E "il processo si è fatto con la piena volontà di rispettare le leggi e procedure previste, le esigenze del diritto e della difesa degli imputati. Con giudici e avvocati competenti e con dibattimento pubblico trasparente".
"Sono state - ha ricordato padre Lombardi - ascoltate testimonianze assai autorevoli, come quella più volte ricordata, nel dibattimento e fuori, di Paolo Mieli. Il tempo complessivo del processo è stato contenuto, anzi breve, se si tiene anche conto dei circa due mesi impiegati per la perizia informatica che era stata richiesta dalla difesa". I primi arresti infatti sono avvenuti il 31 ottobre e il primo novembre del 2015, il rinvio a giudizio il 24 novembre, e dopo in totale 21 udienze, oggi la sentenza. "La sentenza - ha sottolineato ancora padre Lombardi - è stata formulata dal Collegio giudicante in piena autonomia, conatteggiamento di giustizia e di clemenza insieme, secondo lo spirito del rinnovamento della legislazione penale voluto da Paolo VI nel 1969. Come tutti coloro che hanno seguito il processo hanno facilmente compreso, il dibattimento ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione del giudizio del Collegio, che non si è mosso sulla base di posizioni preconcette, giungendo infine a sentenze di assoluzione di cui non ci si può che rallegrare".Ci sono ora tre giorni di tempo perché gli imputati possano proporre appello. Le motivazioni della sentenza verranno depositate nelle prossime settimane e "potranno essere conosciute".
Padre Lombardi conclude la sua nota con un augurio: "Ci si augura che, nonostante la tristezza che ogni reato e la conseguente vicenda processuale necessariamente causano, se ne possano trarre le conclusioni e le riflessioni utili per prevenire in futuro il ripetersi di situazioni e vicende simili".
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