sabato 14 novembre 2020
Primo bilancio (in chiaroscuro) della stagione autunnale: dai ritardi nella prenotazione delle dosi ai tempi lunghi per la distribuzione, ecco perché la profilassi di stagione procede a rilento
Vaccino antinfluenzale

Vaccino antinfluenzale - Ansa

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Lazio promosso, Lombardia in ritardo. E soprattutto troppi incidenti di percorso nella filiera del vaccino antinfluenzale, mentre gli esperti paventano un rischio cortocircuito tra influenza di stagione e Covid nei prossimi mesi. È questo il primo bilancio d’autunno possibile, a oggi, sul versante della profilassi.

Ma andiamo per gradi, dando la parola agli addetti ai lavori.

Occorre fare innanzitutto una distinzione tra i vaccini offerti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) alle categorie per le quali è raccomandata (persone sopra i 60 anni, soggetti fragili e operatori sanitari e bambini 6 mesi–6 anni) e quelli acquistati in farmacia dalla popolazione attiva per motivi di tutela della propria salute.

«In Italia l’acquisto dei vaccini avviene da parte dei servizi sanitari regionali con procedure centralizzate – spiega Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria –. La Regione indice la gara, alla quale rispondono le aziende (sono Gsk, Msd, Mylan, Pfizer, Sanofi e Seqirus) e il criterio di scelta è quello del prezzo più basso. Quest’anno c’è stato un forte aumento della domanda e le aziende hanno incrementato la produzione di vaccini, che è particolare: servono speciali bioreattori, ci sono centinaia di processi di controllo, la produzione dura dai 4 ai 6 mesi. Già in primavera avevo suggerito alle regioni di fare programmazione, perché anche gli altri Paesi si muovono presto».

Conferma Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, impegnato sin dagli anni Novanta nella rete di sorveglianza dell’influenza stagionale: «La produzione dei vaccini antinfluenzali si pianifica già dal dicembre dell’anno precedente in misura analoga a quella dell’andamento storico. Dopo lo scoppio della pandemia si è cercato di aumentare la produzione, e alcune aziende concorrenti hanno fatto addirittura joint venture per produrre più vaccini. Il risultato però è che c’è stata una carenza complessiva a livello mondiale, e una difficoltà di approvvigionamento a livello territoriale per le farmacie, perché le aziende hanno privilegiato la produzione in favore dei sistemi sanitari pubblici». Lo “storico” dice che lo scorso anno sono state acquistate dal sistema pubblico circa 11 milioni di dosi (di cui uno rimasto non utilizzato) per coprire le prestazioni comprese nei Lea, quindi per le categorie a rischio, e circa 900mila nelle farmacie, per la popolazione attiva. «Tutte le Regioni – assicura Pregliasco – sono riuscite a comprare circa il 50 per cento in più dell’anno scorso: quasi 18 milioni di vaccini sono stati opzionati».


Scaccabarozzi (Farmindustria): «Già in primavera avevo suggerito alle Regioni
di fare programmazione, perché anche gli altri Paesi si muovono presto»


Tra le Regioni più previdenti nel fare le gare c’è stato il Lazio, che ha acquistato 2 milioni e 400mila dosi per le categorie a rischio. Tra quelle che hanno concluso più tardi (in ottobre) le gare c’è stata invece la Lombardia e anche se l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, ha dichiarato che i 2 milioni e 900mila dosi acquistate sono più del doppio di quelle usate lo scorso anno per le categorie a rischio, si registrano ritardi sulle consegne e quindi sulla somministrazione delle dosi. Una situazione che fa dire a Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario nazionale della Fimmg (il più rappresentativo sindacato dei medici di medicina generale) che «in Lombardia la situazione è critica, anche con code poco comprensibili. Il Lazio è tra le Regioni messe in condizioni migliori, come Toscana, Emilia–Romagna e Campania». Anche il Friuli–Venezia Giulia lancia un segnale d’allarme: «C’è stato un rallentamento delle forniture» alla Regione, lamenta il presidente Massimiliano Fedriga «ma non voglio ipotizzare che i contratti non siano rispettati».

I problemi maggiori si registrano però in farmacia. Osserva Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi): «È evidente che in un anno in cui c’è grande richiesta mondiale di vaccini, questo grande incremento di acquisti delle Regioni ha messo in crisi il mercato privato, quello della popolazione attiva, tra i 18 e i 59 anni, che si rivolge alla farmacia». «Sin da giugno – continua Mandelli – come federazione avevamo avvisato il ministero della Salute che le dosi non sarebbero bastate per tutti: lo scorso anno in farmacia sono state acquistati 900mila vaccini, ma c’era da aspettarsi che la domanda sarebbe cresciuta, visti i solleciti a mettersi al riparo da una malattia, l’influenza, che ha sintomi d’esordio simili a quelli del Covid–19. E ora che i cittadini si riversano in farmacia, noi non abbiamo il vaccino. Da fine agosto è stato avviato un tavolo in Conferenza Stato–Regioni che ha portato all’accordo di destinare alle farmacie l’1,5% delle dosi acquistate dalle Regioni, ma si tratta di 250mila dosi, una quota del tutto insufficiente».


Mandelli (Ordine farmacisti): «A questo punto credo che dovremo
attendere dicembre per avere una redistribuzione di dosi per la farmacia»

Conferma il presidente dell’Ordine dei farmacisti di Agrigento, Maurizio Pace: «Non abbiamo vaccini. Abbiamo chiesto all’assessorato alla Sanità della Sicilia di poter distribuire per conto quelli acquistati dal sistema pubblico, ma sono confezioni da 25–50 fiale che vanno “riconvertite” per la distribuzione in farmacia; per ora non sono disponibili». Va un po’ meglio nel Lazio. «La Regione ha previsto di distribuire 100mila dosi alle nostre 1.500 farmacie – spiega il presidente dell’Ordine dei farmacisti di Latina, Roberto Pennacchio – e ne manda 20mila a settimana. Purtroppo si esauriscono in un giorno e mezzo».

Tuttavia proprio giovedì l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, ha annunciato un’ordinanza per distribuire vaccini alle farmacie. Anche la Regione Sardegna ha reso noto un accordo con Federfarma (il sindacato dei farmacisti) per distribuire 30mila dosi in farmacia per il pubblico, al prezzo di 12 euro. Il presidente dell’Emilia Romagna (e della Conferenza delle Regioni), Stefano Bonaccini ha dichiarato che la sua Regione ha acquistato 1,4 milioni di dosi di vaccini (rispetto alle 850mila dell’anno precedente) e che aumenterà a 36mila la quota di vaccini che riserverà alle farmacie per le categorie non a rischio.

A rendere in parte più incerta la previsione è il fatto che quest’anno la vaccinazione sia stata estesa alla fascia 60–64 anni: si è trattato – fanno sapere dall’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte, il cui titolare Luigi Icardi è presidente della commissione sanità nella Conferenza delle Regioni – di una indicazione «uscita sulla circolare ministeriale di giugno e le gare nella maggior parte delle regioni sono state bandite tra aprile e maggio. Solo a campagna inoltrata sarà possibile fare una valutazione più precisa per la cessione delle dosi in farmacia».

Una ipotesi ritenuta probabile dal presidente di Farmindustria, Scaccabarozzi: «Capiterà come negli scorsi anni. Ma credo sia anche opportuno ricordare a Regioni e farmacisti che occorre programmare più presto gli acquisti”. E il presidente Fofi, Mandelli, aggiunge: «Al momento si presentano due scenari. Le Regioni che hanno comprato più vaccini muovendosi per tempo temono di non riuscire a utilizzare tutto il quantitativo e sono favorevoli a darlo alle farmacie, per evitare di avere lo stock in casa; chi ne ha comprati in misura minore aspetta. Credo che dovremo attendere dicembre per avere una redistribuzione di dosi per la farmacia». «Questi ritardi – conclude Pregliasco – provocano un po’ di agitazione perché è stato suggerito di vaccinarsi subito, però l’influenza non c’è ancora e il picco non è mai arrivato prima della fine di dicembre».

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