mercoledì 22 luglio 2009
Più richieste d’aiuto ma ancora poche denunce. Oltre agli imprenditori, finiscono nella rete anche casalinghe e pensionati. Gualzetti (Fondazione San Bernardino): bisogna lavorare sull’educazione. Il sociologo Fiasco: studiare misure di accompagnamento.
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Un fenomeno sommerso di cui non si parla mai abba­stanza. Le vittime dell’usura sono in aumento a Mi­lano e in Lombardia, ma le denunce sono ancora po­che. Paura di ritorsioni e vergogna finiscono con il diventa­re i principali « complici » degli strozzini. Dopo il suicidio del barista trovato impiccato nel suo locale dopo avere lasciato una serie di lettere e di indicazioni contro i suoi presunti strozzini, si riaccende l’allarme su un fenomeno ' nascosto' ma in crescita. Lo sostiene Frediano Manzi, imprenditore e presidente di ' Sos racket e usura': « Le richieste di aiuto che ci sono pervenute – spiega Manzi – sono triplicate in 8 me­si. A Milano nel mese di maggio abbiamo avuto 300 richie­ste, che salgono a oltre 1.800 se consideriamo tutta la Lom­bardia » . E le denunce? « Poche. In questi 8 mesi saranno sta­te 150, massimo 200 in tutta la regione » . Cifre allarmanti, che riguardano per la maggior parte commercianti o picco­li imprenditori, pari al 70% delle richieste d’aiuto. Il restan­te 30% è costituito da privati come pensionati, casalinghe, lavoratori dipendenti. Ma se crescono le segnalazioni, non così le denunce. Sempre secondo Manzi il numero delle per­sone che si rivolgono alle forze dellordine rimane stabile. Gli usurai, insomma, fanno sempre paura. Nel rapporto annuale sul fenomeno dell’usura in Italia, re­datto da ' Sos impresa' - l’organismo di Confesercenti che monitora la pressione della criminalità sulle aziende - è stato stilato un ' identikit' del commerciante che cade nella rete dell’usura: età compresa tra i 45 e i 55 anni, un discreto giro d’affari. Fino a quando la banca non chiede l’immedia­to rientro del fido. E se i soldi non ci sono, o si è costretti a chiudere l’attività, o si chiede il prestito agli strozzini. Secondo ' Sos impresa', l’anno scor­so le vittime dello strozzinaggio sono state appunto 20mila. A Milano è a rischio il 60% delle piccole imprese: negozian­ti, macellai, alimentari, fino agli ambulanti. Lo scorso apri­le, un’altra indagine della Camera di commercio meneghi­na sosteneva che tre piccoli o medi imprenditori su 100 del­la Provincia sono a rischio usura, e un 28% di intervistati non escludeva l’ipotesi di rivolgersi agli strozzini. Sono tantissi­me, intanto, le richieste d’aiuto che continuano ad arrivare a queste associazioni. I motivi che hanno portato a que­st’aumento sono essenzialmente due: la crisi economica e l’irrigidimento degli istituti bancari. Un sostegno alle famiglie indebitate arriva dalla fondazione San Bernardino onlus, promossa dalle Caritas lombarde. Il presidente Luciano Gualzetti, vice direttore della Caritas am­brosiana, ammette che c’è un sommerso « difficilmente in­dividuabile. Da quando è nata la fondazione nel 2004, ab- biamo assistito un migliaio di famiglie in difficoltà. Noi però lavoriamo sulla prevenzione, attraverso i centri di ascolto con i quali intercettiamo le si­tuazioni di disagio. La nostra è un’azione educativa, volta a creare una cultura di ' debito responsabile'. Le famiglie che si rivolgono a noi, purtroppo, sono già fortemente indebitate. Noi proponiamo loro forme di sostegno, aiutandole nel bilancio familiare o sotto forma di consulenza e di accompagnamento per la definizione del­la situazione debitoria. Dove possibile, garantiamo prestiti di microcredito per evitare un ulteriore indebitamento » . « L’usura è un fenomeno che segue parallelamente la reces­sione - dichiara Maurizio Fiasco, sociologo e consulente del­la Consulta nazionale antiusura - . E i più colpiti sono pro­prio i lavoratori autonomi. Inoltre, rispetto all’altro grande periodo di recessione del 1992-’ 93, stavolta il costo del de­naro è molto basso » . Per Fiasco c’è un problema di fondo, « di programmazione nei singoli territori. Banche, camere di commercio, devono studiare misure di accompagnamento per le famiglie o le singole imprese. Bisogna creare ammor­tizzatori sociali per quelle piccole imprese che non hanno chance. Come quel barista, suicidatosi perché sentiva di non avere, purtroppo, vie di scampo».
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