Una sentenza «molto importante, che si aggiunge ad altre pronunce analoghe» e che «contribuisce all'accertamento del fenomeno. Più si andrà avanti in questa direzione e più emergerà la verità».
Domenico Leggiero, responsabile forze armate dell'Osservatorio Militare, da anni in prima linea nella denuncia sulle possibili contaminazioni di militari italiani in missione all'estero, commenta così la sentenza del Tribunale di Cagliari che ha condannato il ministero della Difesa a risarcire i familiari del caporalmaggiore Valery Melis, morto nel 2004 dopo essersi ammalato di linfoma di Hodgkin durante una missione in Kosovo.«La sentenza non mi meraviglia. Ormai - osserva - restano da convincere soltanto quei parlamentari, e lo schieramento è bipartisan, che continuano a negare l'evidenza e si rifiutano di prendere in considerazione la possibilità che all'origine delle malattie dei militari potrebbe esserci l'uranio impoverito. Con la Difesa, invece, c'è un rapporto di collaborazione e si avverte la consapevolezza della gravità del fenomeno».«È positivo che sempre più giudici riconoscano che le contaminazioni nei luoghi di missione possono essere all'origine delle malattie. A questo punto - conclude Leggiero - il mio auspicio è che la Difesa proceda alla chiusura transattiva di tutte le pratiche di risarcimento in atto».
LA REAZIONE DEI FAMILIARI«Stavamo aspettando da sette anni questo risultato e finalmente è arrivato. Era ciò che voleva mio figlio: che fosse riconosciuta la causa del suo male. I soldi non lo faranno ritornare. Valery si è battuto per questo quando era in vita e noi abbiamo continuato la sua battaglia». Parla adagio
Marie Claude Melis, di origine francese, mentre commenta la decisione del Tribunale civile di Cagliari. Il giudice
Vincenzo Amato ha anche ritenuto responsabile l'Esercito di essere stato a conoscenza dei rischi a cui i soldati andavano incontro negli anni Novanta, durante le missioni balcaniche. «Deve ritenersi - scrive il giudice - che il linfoma di Hodgkin sia stato contratto dal giovane Valery Melis proprio a causa dell'esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi durante il servizio militare nei Balcani, atteso che proprio i detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente causato alterazioni gravi alle cellule del sistema immunitario come rilevato con frequenza di gran lunga superiore della media per i militari rientrati dai Balcani». Parla di «sentenza storica» l'avvocato della famiglia,
Ariuccio Carta, mentre la madre del ragazzo, Marie Claude Melis, ha ricordato la lotta del figlio contro il male: «Valery era convinto di farcela, purtroppo non è stato così».Lo Stato dovrà pagare 233.776 euro a testa ai genitori del militare e 55.444 a ognuno dei due fratelli, più 23mila euro di spese processuali. Dopo l'archiviazione dell'inchiesta della Procura, condotta dall'ex procuratore aggiunto di Cagliari Mario Marchetti, la sentenza del Tribunale civile sembra puntare comunque l'indice sull'Esercito: «Nonostante fosse stato preavvertito da altro comando alleato - ha proseguito il giudice Amato - non aveva fornito alcuna informazione del pericolo e dall'altro non aveva adottato alcuna misura protettiva per la salute, così esponendo Valery Melis alla contaminazione». Il militare morì a 27 anni, il 4 febbraio 2004, dopo aver a lungo combattuto contro il linfoma che lo aveva colpito: nel 1997 e nel 1999 aveva partecipato alle missioni in Albania e Kosovo, nel contingente interforze che partecipò alla guerra nei Balcani. Molti altri soldati sardi si sono ammalati di ritorno da missioni in scenari internazionali: fra questi il maresciallo Marco Diana, che continua la sua battaglia, e Salvatore Vacca, fante del 151/o Reggimento della Brigata Sassari, scomparso a 23 anni nel settembre 1999 per una leucemia acuta.