martedì 28 ottobre 2008
Cortei, occupazioni, autogestioni. Ma anche proteste fallite. A Foggia prova di forza: lucchetti ai cancelli per impedire l'ingresso a scuola. Oggi al Senato al via il passaggio finale del decreto Gelmini
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IN PIAZZA. Sono preannunciate come «giornate calde». Di certo oggi e domani, proprio in concomitanza con il dibattito al Senato, molte associazioni studentesche e universitarie hanno voluto concentrare le iniziative di protesta. La sede del Senato già ieri è stata meta dei cortei dei manifestanti che hanno percorso le strade della capitale e oggi tornerà a esserlo anche per i Cobas, che hanno preannunciato un presidio. Ma pure nel resto del Paese il fronte della protesta si allarga. Il bollettino registra occupazioni e autogestioni in alcuni istituti superiori di Milano, anche con qualche fallimento come al Boccioni, dove l'occupazione è rientrata dopo due ore per scarsità di adesioni. Più convinta la mobilitazione a Catania, dove quattro licei hanno votato a stragrande maggioranza l'autogestione per questi due giorni in vista anche dello sciopero generale proclamato per giovedì dai sindacati. Diversi anche i cortei di studenti medi. Erano oltre duemila a Potenza e un migliaio a Saronno. Non mancano le prove di forza. All'Itc per ragionieri «Masi» di Foggia, nottetempo, qualcuno ha messo dei lucchetti ai cancelli di ingresso dell'istituto per impedire ieri mattina l'ingresso degli studenti: tentativo riuscito per meno di un'ora, visto che i lucchetti sono stati tolti dai carabinieri, che ora indagano per scoprire gli autori del gesto. Striscioni e slogan invece a Napoli, dove accanto alle superiori, sono le università l'epicentro della protesta, con in prima fila la Federico II e l'Orientale. A Roma accanto alla protesta guidata dall'Unione degli Studenti (di sinistra) anche la formazione giovanile di Forza Nuova (destra), Lotta studentesca ha deciso di partecipare alla mobilitazione occupando un istituto superiore. Ma nella capitale c'è anche chi fa «contro-occupazione» per esprime sostegno al ministro della Pubblica Istruzione. Lo sta facendo Azione studentesca (area An) che si è mobilitata all'interno di tre superiori romane. Cortei degli studenti medi, lezioni in piazza per gli universitari. A Firenze è partita ieri la 24 ore non stop di lezioni in piazza, che a dire il vero stanno caratterizzando da diversi giorni la protesta dell'ateneo fiorentino. Un esempio che sta coinvolgendo anche altre sedi universitarie, come quelle di Cagliari, Palermo e Milano. Ma sempre a Firenze i giovani di Forza Italia hanno annunciato per oggi la distribuzione e l'invio di cartoline al rettore per chiedere la ripresa della didattica. «Contiamo di distribuirne diecimila» hanno detto gli organizzatori, mentre preannunciano anche un «tour» in altri atenei «per raccontare la verità sul decreto Gelmini». A Matera gli universitari hanno scelto la via dell'assemblea per discutere sui provvedimento del governo. IN PARLAMENTO. Intanto comincia oggi al Senato il passaggio finale in Parlamento del cosiddetto decreto Gelmini, già approvato dalla Camera con la fiducia. La maggioranza ha i numeri necessari e non teme il confronto in aula. Il voto finale potrebbe arrivare già domani mattina, sempre che il Pdl non accetti di confrontarsi con alcuni emendamenti riproposti dal Pd. Il presidente del Senato Schifani ieri si è detto convinto e «fiducioso» che il ministro mantenga l’impegno di aprire il dialogo con gli studenti. «Tutte le volte in cui si tenta di riformare la scuola – ha spiegato – ci sono sempre state proteste nel nostro Paese, comunque si è sempre trovato un momento di sintesi».La protesta in scuole e piazze continua a incalzare. In una intervista Maria Stella Gelmini ha fatto capire di non esserne impressionata e ha definito lo sciopero del 30 ottobre, «il solito rito di chi difende l’indifendibile. Gli studenti sono 9 milioni e coloro che protestano alcune migliaia. Le facoltà occupate sono pochissime e in molte gli studenti ricacciano indietro gli occupanti». Il ministro ha quindi assimilato il proprio progetto di riforma a quello del candidato democratico negli Usa Barack Obama: «Incentivi per gli insegnanti, razionalizzare le spese per destinare i risparmi alla qualità, istruzione di qualità per tutti».Al di là delle critiche al paragone con Obama, il Pd e l’Idv hanno risposto al ministro seguendo un doppio binario. Da una parte la polemica, dall’altra gli inviti a sospendere o a ritirare il decreto per aprire il confronto a bocce ferme. Una analoga proposta è stata avanzata anche dai sindacati che, dopo aver stigmatizzato le parole di Gelmini sullo sciopero, definendole «un segno di insicurezza», hanno invitato il governo ad aprire un tavolo di discussione con insegnanti e studenti. A questo riguardo Massimo D’Alema è stato esplicito: «Sarebbe un atto saggio se si volesse ritirare il decreto sulla scuola o sospenderlo per discutere con studenti e insegnanti e per avere un confronto vero». Un invito al ministro affinché mostri «volontà di collaborazione» è venuto anche dal capogruppo del Pd in commissione cultura del Senato, Antonio Rusconi, per il quale è necessario vengano almeno valutati gli emendamenti sul maestro prevalente che saranno in aula a Palazzo Madama.Aspro Antonio Di Pietro: «Non è una riforma. È un metodo per trovare fondi. Un’operazione fatta dal ministro dell’Economia per ragioni contabili e finanziarie». Un’opinione condivisa dal ministro ombra dell’Istruzione Maria Pia Garavaglia, per la quale Gelmini non ha mai accettato il confronto. Per il ministro ombra per le Politiche giovanili Pina Picerno «si tratta di tagli per fare cassa, senza un progetto educativo». «La scuola – ha detto l’ex presidente del Senato Franco Marini – ha bisogno di una rivisitazione ma non per decreto. La formazione dei giovani è l’ultimo posto da cui pescare denaro».Dalla maggioranza Gianfranco Rotondi ha parlato di «attacchi ingiusti, dovuti a un pregiudizio da parte della sinistra». «Ipocrisie», le ha definite il portavoce di Fi Daniele Capezzone, «di chi manda i propri figli a studiare nelle scuole e nelle università private». Secondo il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri il provvedimento sarà comunque approvato, nonostante «si rinnovino riti di stampo maoista che pensavo fossero stati cancellati dall’agenda di Veltroni».
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