Studenti universitari durante una lezione - Ansa
Più soldi a chi ha i prof migliori. O, a volerla leggere da un’altra prospettiva: gli atenei che sapranno attrarre i docenti più bravi avranno più fondi per la ricerca. E per “più bravi” si intende quelli che, nel periodo successivo all’assunzione e nelle valutazioni biennali, dimostrano con i loro indicatori di produttività, con le loro pubblicazioni e con la loro attività complessiva, di aver contribuito al miglioramento della qualità delle attività dell’università che li ha reclutati. Il Consiglio dei ministri di ieri ha approvato il disegno di legge che riforma le modalità di reclutamento alla professione universitaria, che arriva alla fine di un percorso in cui sono stati coinvolti un gruppo di esperti per superare alcune criticità della legge 240 del 2010 emerse nel corso di questi anni. In particolare, si supera l'attuale sistema di Abilitazione scientifica nazionale, che nel corso di questi anni si è trasformata in una sorta di diritto alla chiamata in ruolo, con un eccessivo allungamento della validità del titolo abilitativo. Con la riforma - secondo la ministra dell’Università Anna Maria Bernini - «si allinea il sistema di reclutamento universitario ai migliori standard internazionali. Senza stravolgere i processi che hanno reso il nostro sistema universitario un polo di eccellenza».
Tra le principali novità appunto il sistema di accesso alla professione che sarà più facile. Il nuovo modello prevede infatti l'istituzione di una piattaforma informatica, gestita dal Ministero dell'Università e della Ricerca, attraverso la quale i candidati potranno auto dichiarare il possesso dei requisiti minimi richiesti in termini di produttività e qualificazione scientifica per partecipare ai concorsi. La selezione dei docenti non avverrà più a livello centrale (altra novità), ma sarà demandata alle singole università, «rafforzando l’autonomia degli atenei». Novità anche sulla composizione delle Commissioni giudicatrici per il reclutamento dei professori ordinari, associati e dei ricercatori, che saranno composte da un membro interno (scelto dall'università) e da membri esterni all'ateneo, selezionati tramite sorteggio tra i docenti disponibili a livello nazionale appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando. Inoltre per superare i localismi e contribuire alla promozione della mobilità interuniversitaria e internazionale, la riforma prevede anche una procedura volta a favorire la circolazione del personale già in ruolo.
«È una proposta che punta al merito, alla trasparenza del sistema - sottolinea la ministra Bernini -. Interveniamo con poche ma precise modifiche, puntuali e decisive, che riguardano tutti i più importanti momenti di selezione, valutazione e progressione nella carriera del nostro personale universitario, valorizzando autonomia e responsabilità degli atenei». Le novità tengono conto dell’aumento del Fondo di finanziamento ordinario delle università per il 2025 di quasi 340 milioni, per un valore assoluto di 9,4 miliardi.