venerdì 22 ottobre 2021
La collaborazione tra Cura e Big Data nella Facoltà di Medicina. Il Generator è il centro nel quale si elaborano le informazioni cliniche. E nel nuovo "Art4Art" si darà attenzione alle emozion
L'ingresso del reparto "Art4"

L'ingresso del reparto "Art4" - Università Cattolica

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Il viaggio tra le facoltà dell’Università Cattolica in occasione del suo primo centenario fa tappa questa volta a Roma dove ha sede la facoltà di Medicina e chirurgia, che è legata al Policlinico Gemelli, una delle strutture sanitarie più importanti della Capitale e anche nel Paese. E per gli studenti della facoltà l’opportunità di vedere sul campo quanto viene spiegato e studiato nelle aule universitarie. Anche per questo tra le due realtà non vi è una netta separazione. Del resto gli stessi docenti sono medici e specialisti che operano nel Policlinico, e non è difficile incontrare negli stessi spazi dei pazienti, anche gli aspiranti medici di domani. Una facoltà che tra pochi giorni compirà ufficialmente 60 anni, essendo stata inaugurata da Giovanni XXIII nel novembre 1961, tre anni prima del Policlinico.

Anche le emozioni entrano in cartella clinica. Non come curiosità, ma come parte integrante processo di cura e di ricerca. La collaborazione tra Art e Generator riassume in maniera esemplare lo spirito del Gemelli e dell’intera Facoltà di Medicina della Cattolica. Le due realtà occupano spazi relativamente distanti nella cittadella medico-universitaria del Trionfale, senza che questo impedisca l’integrazione delle rispettive competenze, e non soltanto perché in entrambi i casi la direzione scientifica è affidata al professor Vincenzo Valentini.

Nella sua veste di vicedirettore dell’Irccs, Valentini detiene la delega ai Big Data, che anche in medicina rappresentano ormai una risorsa irrinunciabile. Di dati si occupa in maniera specifica il Gemelli Generator, attivo dallo scorso anno. Una quarantina di data scientist, tutti attorno ai trent’anni, sono impegnati in protocolli di analisi statistica, raccolta e trattamento dei dati, sequenziamento. «L’aspetto di più immediata applicazione è quello dei cosiddetti real world data – spiega il direttore operativo Stefano Patarnello –. Partendo dalla storia clinica del paziente, si arrivano a formulare previsioni determinanti per il percorso di guarigione».

Un’intelligenza artificiale dal volto umano, insomma. Ed è in continuità con questa intuizione che opera il Gemelli Art (Advanced Radiation Therapy), la Radioterapia del Dipartimento Scienze Radiologiche, Radioterapiche ed Ematologiche del Policlinico, reparto diretto appunto dal professor Valentini. Nel Gemelli Art il prossimo 27 ottobre verrà inaugurata la nuova degenza e offerto ai pazienti il Progetto Art4Art nel quale l’arte trova la sua ideale interpretazione: «L’esperienza della bellezza – sottolinea Valentini – è un’occasione straordinaria sia per il coinvolgimento personale del paziente nella cura, sia per favorire la ricerca di senso che il confronto con la malattia non manca mai di suscitare. Art è molto più di un reparto colorato e accogliente, dove le postazioni sono contraddistinte dal nome di un fiore e non da un numero. Questo è un luogo in cui ci si meraviglia e ci si interroga, si fanno scoperte e ci si rafforza nell’interiorità. In prospettiva, è un’opportunità per accorciare ulteriormente le distanze tra l’ospedale e la città, fino a trasformare l’ospedale stesso in un posto da visitare indipendentemente dalle proprie condizioni di salute».

La tecnologia ha un ruolo importante nella realizzazione di Art4Art. A ciascun paziente, infatti, viene consegnato un tablet attraverso il quale è possibile accedere a moltissimi contenuti, messi gratuitamente a disposizione da diverse istituzioni e, in alcuni casi, realizzati appositamente. Dipinti, film, concerti, letture: ogni opera mira a rispecchiare uno stato d’animo e ad accompagnare un’interrogazione profonda. Suoni e immagini si riverberano sugli schermi che il paziente incontra spostandosi da una stanza all’altra, in un viaggio che culmina in un allestimento immersivo. «Abbiamo avuto una risposta formidabile da parte delle associazioni di volontariato impegnate in ambito artistico», sottolinea Valentini, inarrestabile nel passare da una suggestione all’altra. Fra tutte, quella che più commuove è il dono offerto al paziente al momento della prima accoglienza: un seme, che per sbocciare impiegherà lo stesso tempo necessario alla terapia. Un mese, due, a volte sei. Si prende quel piccolo scrigno di speranza, lo si porta a casa, lo si pianta, lo si annaffia. Si aspetta che la vita torni a fiorire.

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