venerdì 15 maggio 2015
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Undici anni, undici processi in Corte Costituzionale. I tentativi di demolire la legge 40 del 2004 iniziano l’anno successivo alla sua approvazione, quando ben 5 pronunce disciplinano il referendum per la sua abolizione. La consultazione popolare, però, si rivela un flop causa mancato raggiungimento del quorum. Nel 2006 arriva la prima pronuncia in tema di diagnosi pre-impianto: la questione è sollevata dal Tribunale di Cagliari, ma la Corte la ritiene infondata. Il primo colpo arriva nel 2009, quando la Consulta elimina l’obbligo di produrre embrioni destinati a «un unico e contemporaneo impianto», e in ogni caso in numero «non superiore a 3». Nella stessa pronuncia, tuttavia, viene rigettato il tentativo di affondare anche il divieto di crioconservazione e soppressione degli embrioni, così come quello di eliminarne alcuni in caso di gravidanze plurime. E conforme alla Costituzione viene pure ritenuto l’obbligo di consenso scritto cui gli aspiranti genitori sono vincolati. Identica nell’obiettivo ma fondata su diverse basi giuridiche, l’anno seguente la questione viene decisa nello stesso modo. È del 2012 la prima pronuncia sul divieto di fecondazione eterologa: gli atti vengono restituiti ai tribunali di Firenze, Catania e Milano perché rigiudichino i casi alla luce della giurisprudenza europea nel frattempo intervenuta. Nell’aprile 2014 cade il divieto di eterologa. Ieri l’ultimo affondo.
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