sabato 19 marzo 2011
Sono fratelli, genitori, figli, mariti e mogli delle persone che da tempo si trovano in stato di minima coscienza o di grave disabilità. Situazioni diverse accomunate da una sola certezza: vogliamo che questa norma ci consenta di stare vicino ai nostri familiari, continuando a nutrirli e a trattarli con amore e attenzione. Perché loro percepiscono lo stato d’animo di chi gli sta accanto.
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Teorie e pratiche. Gli esperti delle prime dissertano al comodo su autodeterminazione e libertà, coloro che invece devono fare i conti con le seconde agiscono con il cuore e il pragmatismo. Così, da questi ultimi, viene fuori un coro senza un’unica voce dissonante. Perché chiunque accudisca un figlio o una moglie o un marito o una madre in stato vegetativo, spera che la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento in esame alla Camera (almeno) «non permetta che mai a nessuno possano essere tolti cibo e acqua».«Pensate a non abbandonare le famiglie». Prendiamo Girolamo Morano, che è romano, che in stato vegetativo ha avuto prima la mamma, poi morta, e, da due anni, sua moglie Teresa («La amo più di prima», dice): «L’aspetto irrinunciabile di questa legge è sicuramente farli vivere con amore e tanta dignità, quindi alimentazione e idratazione non possono mai essere negate». Tanto più che, «pure si volessero togliere, tutti sanno quanto provochi una morte segnata da sofferenze indicibili... Diciamo pure che, se facessi io una legge, penserei soprattutto a fare in modo che le istituzioni non abbandonino le famiglie».«Da curare è chi le considera vite senza dignità». Oppure prendiamo Marino Tomeo, avvocato casertano che lavorava per l’"Alenia" e che aveva un carrierone davanti, finché il figlio per un incidente non finisce in stato vegetativo e Marino si licenzia per stargli vicino e tenerlo in casa... «Forse è proprio chi ritiene che certe vite abbiano poca dignità che dovrebbe andare a farsi subito vedere da un buon neurologo – dice –. Perciò non si deve mai poter togliere nutrizione e idratazione. E poi forse già adesso chi non vuole essere curato può tranquillamente non esserlo? Ma curato, non nutrito... Due cose assai diverse».«Nessuna legge può togliere acqua e cibo». A Pordenone c’è Alessandro Pivetta, quasi ventisei anni, in stato vegetativo da cinque e mezzo per un incidente stradale. Nella sua stanza, a casa, c’è la televisione e un bel po’ di poster dell’Inter alle pareti. E neanche mamma Loredana e papà Giancarlo hanno dubbi: «È atroce soltanto immaginare di morire o far morire di sete e fame. Anche se lo avesse lasciato scritto in un testamento biologico, chiunque cambierebbe idea e pensi come sarebbe devastante, mentre si sta spirando, non riuscire neanche a dirlo, a farlo in qualche modo sapere che non si vuole più morire».Eluana Englaro a Udine venne sedata – pesantemente –, nei giorni in cui la fecero morire, eppure non bastò: i medici legali, eseguendo l’autopsia, scoprirono nel palmo delle sue mani le ferite provocate dalle sue stesse unghie, perché le aveva strette tanto forte da entrare nella pelle. «Infatti. No, non possiamo davvero credere che una legge preveda mai qualcosa di questo genere», sussurrano Loredana e Giancarlo.«Non è qualcosa che possiamo arrogarci». Anche Mimmo Borrelli, napoletano, ha la moglie Patrizia in stato vegetativo da due anni: «Penso sia più che giusto, come prevede attualmente il testo della legge all’esame del Parlamento, che non possano essere mai sospesi cibo e acqua. Non fosse perché ritengo che questo non sia possibilità che un uomo possa arrogarsi, neppure su stesso». Mimmo è convinto che «ci sia un ciclo di vita, anche nell’ambito della libertà di scelta, che debba essere lasciato completarsi, fino alla morte». E chiude: «Sa cosa devo dirle? Chi pensa e racconta certe cose, dovrebbe andare a passare un po’ di tempo con chi è in stato vegetativo...».«E chi nasce con una grave cerebrolesione?». Ha scelto di lasciare il lavoro anche Mario Caldora, che vive a Bagnoli (Napoli) e ha una figlia disabile cerebrolesa dalla nascita: «Questa legge dimentica un dato importantissimo, ci sono persone che non sono in grado di autodeterminarsi e io mi chiedo, le chiedo, è giusto che un tutore possa decidere per loro?». Ancora: «Non sono convinto – spiega poi Mario – che si possano interrompere nutrizione e idratazione, come pure nessuno deve poter avere la possibilità di stabilire se una vita è degna o non degna».«Ci sentono. Ormai lo dice anche la scienza». Moira ha quarantuno anni e da undici è in stato vegetativo, mamma Giovanna e papà Faustino Quaresmini a Nova Milanese la curano e coccolano in casa: «Pur nelle sue condizioni, Moira è viva e, ne siamo certi, ci "sente" e ormai anche la scienza se n’è resa conto che queste persone percepiscono una realtà – spiega Faustino –. E allora le chiedo: come si potrebbe in coscienza sospendere l’alimentazione e l’idratazione a chi è in stato vegetativo? Ma è impensabile, assolutamente impensabile. Le dirò di più: l’amore può anche realizzare certi miracoli che la scienza non può fare».
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