martedì 30 marzo 2010
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«È una vittoria grande, netta... Anzi un trionfo. C’erano tredici regioni in palio... Ne amministravamo due e siamo passati a sei: conquistiamo Calabria, Campania, Piemonte e anche il Lazio che sembrava impossibile... Un trionfo vero. Assoluto. Incontestabile». Silvio Berlusconi va avanti e indietro nel suo ufficio di Palazzo Chigi. Gli occhi lucidi dall’eccitazione, quasi spiritati, si fermano di tanto in tanto sui dati che arrivano ancora. «Cota ha vinto nonostante la scelta dell’Udc di appoggiare la Bresso e la Polverini ha messo la freccia e ha superato la Bonino... Nonostante lo scippo delle liste del Pdl... Capite, senza quella vergogna avremmo vinto con oltre il sessanta per cento». Il presidente del Consiglio continua a guardare i dati. Anche quelli meno entusiasmanti sui voti del Pdl. E per qualche istante si interroga sui rapporti all’interno del centrodestra. Per qualche istante ragiona sulle eventuali richieste della Lega. Poi esclude fibrillazioni con parole nette: «Umberto è prima un amico vero. Poi un alleato leale. Con lui abbiamo sempre trovato una soluzione a qualsiasi problema, la troveremo anche ora».È notte a Palazzo Chigi quando Berlusconi ripete, quasi meccanicamente, la sua verità: «Hanno provato in tutti i modi a disarcionarmi, ma hanno perso, hanno fatto di tutto per deviare la campagna elettorale dai temi concreti, ma hanno perso... Hanno inventato inchieste, bugie, scandali, intercettazioni, ma hanno perso... E ora tutto è chiaro: se si fa un referendum pro o contro di me, io vinco». Prende fiato il premier e scandisce ancora tre parole: «La gente è con me. Il popolo del Pdl è con me e chi mi vedeva sull’orlo del precipizio deve soltanto mettersi a contare i voti». Già perché il dato che conta – ripetono tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli tutti i più ascoltati consiglieri del premier – è quello relativo alla popolazione amministrata. E con Piemonte, Veneto, Lombardia, Campania, Lazio non serve nemmeno fare i conti.Ore 23, Palazzo Chigi. I dati ora sono chiari, ma Berlusconi è deciso ad attendere quelli definitivi per uscire allo scoperto e "regalare" a telecamere e taccuini i primi commenti ufficiali. Pensa il premier. Riflette. Perché vuole calibrare le parole, pesare gli aggettivi, contare i voti. E allora fino a notte c’è solo un Berlusconi privato che guarda avanti e scandisce la frase destinata a fare titolo: «Un trionfo assoluto e ora, i prossimi tre anni potremmo concentrarci tutti sulle riforme. C’è il federalismo, il presidenzialismo, la giustizia, il fisco... Dobbiamo fare e faremo. Senza chiudere le porte all’opposizione; anzi cercando di aprire un ragionamento con la parte del Pd più intelligente...».Le telefonate si accavallano e Berlusconi ripete in tutte la sua soddisfazione: «Se fossero state elezioni politiche avremmo stravinto... E ora voglio vedere chi ha il coraggio di parlare di un premier al tramonto». Un ottimismo contagioso "colora" questa notte che ha un protagonista assoluto: Silvio Berlusconi. «Oggi dimostriamo di essere il governo tra quelli europei più forte e più popolare, che non ha minimamente risentito del calo elettorale spesso fisiologico che colpisce le maggioranze governative». Tutti i dati fanno sorridere il Cavaliere. Anche l’astensionismo non ha messo al tappeto il centrodestra, ma si è distribuito equamente nelle due coalizioni. E poi l’Udc esce male dalla sfida elettorale. «E sarebbe il caso che cominciasse a riflettere», chiosa. C’è freddezza, quasi astio, verso l’Udc. E c’è affetto verso Bossi. L’asse Lega-Pdl prende forma dietro le parole pubbliche di Umberto Bossi, ma anche dietro quelle private di Silvio Berlusconi. «Questo voto non cambia gli equilibri del governo», assicura il Cavaliere forse eccedendo in ottimismo. Ma la Lega che prenota Milano? E che dice di essere pronta a subentrare a Formigoni alla guida della Lombardia qualora l’attuale governatore dovesse decidere di tentare l’impresa nazionale? Berlusconi minimizza, ma per qualche istante la partita si sposta al 2013. Forse la Lega ha capito tutto. Anche che il Cavaliere non sarà più il candidato del centrodestra. Ha altri obiettivi, infatti. Altre sfide. Magari – come sussurrano in molti in queste ore – il Quirinale. Una meta lontana, ma che all’improvviso sembra tornare attuale. Perchè il premier ha tre anni per lavorare. Per fare, con il contributo delle opposizioni, le riforme di cui il Paese ha bisogno. Per pacificare il paese. Per allontanare i veleni e ridare forza al dialogo. Una scommessa complicata, ma ora c’è voglia di provarci. 
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