giovedì 11 aprile 2024
Strategie divergenti tra Cgil e Cisl, con la prima impegnata in un progetto "politico" e la seconda votata solo alla contrattazione e alla partecipazione. Il rischio violenze
Il segretario della Cgil, Landini e della Cisl, Sbarra

Il segretario della Cgil, Landini e della Cisl, Sbarra - Ansa

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Sarà un Primo Maggio da “separati in casa” quello che Cgil, Cisl e Uil celebreranno a Monfalcone tra tre settimane. Sempre che i rapporti fra i leader e fra i militanti di base non degenerino al punto da rendere difficile perfino la convivenza.

La divergenza nelle strategie delle tre confederazioni, infatti, si è andata accentuando negli ultimi mesi, con gli scioperi generali proclamati solo da Cgil e Uil e non condivisi dalla Cisl. Fino alla manifestazione di oggi, già programmata per 4 ore, e che dopo l’incidente alla centrale di Bargi Cgil e Uil hanno voluto estendere a 8 ore per rafforzarne la portata e peso. Chiedendo mercoledì alla Cisl di ripensare alla propria decisione e aderire. Da via Po, però, è arrivato un “no, grazie”: è stata ribadita l’intenzione di proseguire con l’alternativa di una grande assemblea di delegati al PalaTiziano di Roma questo sabato, mentre per l’incidente sono scesi in sciopero mercoledì stesso i soli lavoratori dell’Enel iscritti alla Cisl (sigla tra l’altro maggioritaria nel gruppo). Ieri la tensione, già emersa nella dialettica tra Maurizio Landini e Luigi Sbarra l’altra settimana («La Cisl si è innamorata del governo», aveva ironizzato il leader Cgil; «La Cisl è innamorata solo della sua autonomia e del fare sindacato e non politica», aveva replicato il segretario generale), si è acuita purtroppo sulla pelle delle vittime della centrale. Interrogato sull’assenza della Cisl in piazza, infatti, Landini ha risposto «Chiedete a chi davanti ai morti ha deciso di non scioperare. Noi vogliamo unire». Costringendo la Cisl a ricordare di aver scioperato per 4 ore l’altro ieri con i dipendenti del gruppo e sottolineare come sulla questione «sia necessario il massimo di unità».

In realtà, al di là delle punzecchiature dialettiche più o meno velenose, le divisioni sono molto più di sostanza di quanto non appaia. E riguardano la natura stessa del sindacato, i limiti e obiettivi del suo agire. La Cgil di Landini ha scelto da tempo una linea movimentista e di impegno fortemente “politico” della confederazione. Costruendo una rete di alleanze con il mondo associativo - non solo di sinistra ma anche cattolico - sui temi della pace, della difesa della Costituzione e l’impegno su tutti i campi di politica sociale: dalla sanità (una manifestazione nazionale è già in programma per sabato 20) alla scuola passando per la precarietà e il lavoro. Fino alla scelta di promuovere quattro referendum contro il contratto a tutele crescenti, i contratti a termine, gli appalti e annunciarne altri due contro l’autonomia differenziata e il premierato se verranno approvati. Un programma “politico” - che non significa partitico - a tutto tondo, con la Cgil intenzionata a condizionare e di fatto guidare una nuova sinistra unita in opposizione all’attuale maggioranza di Governo.

La Cisl, invece, ha programmi certamente più aderenti alla tradizionale azione sindacale: contrattare tutto a tutti i livelli. E spingere per cambiare il sistema economico dal basso verso un modello partecipativo, che superi la dicotomia conflittuale tra capitale e lavoro. Passando per un confronto “laico” con la maggioranza politica di turno. Ora, però, la confederazione di via Po rischia di scontare un isolamento e di essere percepita come troppo accondiscendente alle politiche delle forze di centrodestra. E finire divisa al proprio interno, ad esempio, tra un Nord che vede di buon occhio l'autonomia differenziata e un Sud che la teme.

Di per sé le due strade di Cgil e Cisl possono scorrere parallele senza scontrarsi pericolosamente. A meno che - a furia di dichiarazioni forti - non riprendano gli assalti alle sedi della Cisl e le intimidazioni ai suoi dirigenti, che si sono già visti purtroppo in passato. E che se si ripetessero non produrrebbero nulla di buono. Mentre i lavoratori per essere meglio tutelati - e festeggiare insieme - hanno bisogno innanzitutto di avvertire rispetto e stima reciproca tra le confederazioni.

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