sabato 15 dicembre 2018
Al via in San Pietro in Vincoli "Percorsi oltre il visibile", iniziativa per consentire la conoscenza della famosa opera d'arte alle persone ipovedenti. Tre modelli 3D in resina e pannelli in Braille
Un Michelangelo da toccare
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Mai si era osato tanto su un Michelangelo. Toccare la barba folta di Mosè, salendo su verso il naso e gli zigomi. In quella perfezione così realistica che, dice la leggenda, lasciò sgomento lo stesso Maestro. Michelangelo ora è per tutti, grazie al percorso visivo-tattile che la Soprintendenza Speciale di Roma, nell’ambito dell’Anno del Patrimonio culturale europeo, ha dedicato alla tomba di Giulio II nella Basilica di San Pietro in Vincoli. «Per la prima volta a Roma e proprio davanti e accanto a un monumento così importante – racconta il soprintendente Francesco Prosperetti – lo si rende accessibile anche a chi ha particolari esigenze, come le persone ipovedenti. Abbiamo scelto un’opera che negli ultimi 15 anni ha goduto di un radicale restauro, sottoposta ancora nel 2015 a una ripulitura e a una nuova illuminazione».
Il progetto, curato da Tiziana Ceccarini, responsabile del Servizio educativo della Soprintendenza, e realizzato con il Museo statale tattile "Omero" di Ancona e l'università La Sapienza di Roma e costato 23-25 mila euro (10 mila dal Ministero dei beni culturali), conta tre modelli 3D in resina, con la testa del Mosè in dimensione 1:1, poi la sua figura intera e la facciata con le 7 statue in scala, oltre a pannelli esplicativi in Braille e un codice QR per telefonini, con contenuti audio in italiano e inglese, a raccontare storia, planimetrie e significato dell'opera che Papa Giuliano Delle Rovere stesso sognava per sé (ma che Michelangelo portò a termine solo tra il 1542 e il 1545. Un lavoro «frutto di oltre 1.500 fotografie e 30 gigabyte di dati - precisa Saverio Malatesta del Digilab de "La Sapienza" - Perché non sembra, ma il fronte della tomba è alto 10 metri, quanto un palazzo di tre piani. Solo il Mosè è due metri e mezzo. Ora attendiamo i riscontri sui prototipi per procedere ai calchi definitivi».
«Oggi ho scoperto davvero quest'opera - racconta emozionata Lucilla D'Antilio, scultrice, mentre tocca il modellino del fronte -. Ero
già venuta quando ancora vedevo, ma tanti particolari a occhio nudo non li cogli. Mi ricordavo solo Mosè. Oggi invece ho una dimensione d'insieme. Le mani a volte restituiscono di più. Toccando si intuisce che l'intenzione di Michelangelo era più estesa, aveva un'organizzazione dello spazio molto complessa, capace di coinvolgere davvero lo spettatore». «Queste riproduzioni - le fa eco Fernando Torrente, dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti - fanno riscoprire il piacere del tatto. Lo vediamo soprattutto nelle scuole con i bambini». Ora l'obiettivo è di replicare l'iniziativa in altri monumenti romani. Anche se è noto che la Soprintendenza di Roma, conclude Prosperetti, «non ha tutte le risorse che dovrebbe».

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