mercoledì 22 febbraio 2012
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​Tre mesi di sospensione per i responsabili del Pronto soccorso dell’Umberto I. All’indomani del putiferio scatenato dal caso della malata in barella da quattro giorni prima di essere ricoverata, il Policlinico cerca di raddrizzare la rotta. Così saltano - temporaneamente - le prime teste. Il direttore del Dea Claudio Modini e il coordinatore dell’area medica Giuliano Bertazzoni saranno sostituiti per 90 giorni. Modini a caldo aveva parlato di «cose che capitano spesso» definendo la donna «in coma», per poi correggersi ieri. «Una decisione ingiusta», replica ora il direttore a proposito della sospensione.Il primo atto dopo la denuncia dei senatori Ignazio Marino del Pd e Domenico Gramazio del Pdl sul caso di Miriam Renzetti, 53enne malata di Alzheimer, arriva dal direttore generale dell’Umberto I. Antonio Capparelli dispone un provvedimento di sospensione dalle funzioni per 90 giorni del direttore del Dipartimento emergenza ed accettazione e del coordinatore. «Il provvedimento- si legge nella nota della Regione Lazio - sarà trasmesso per quanto di competenza al rettore dell’università La Sapienza, Luigi Frati». Capparelli annuncia che poi «procederà alla nomina per la durata di 90 giorni di un dirigente medico responsabile di struttura complessa dipendente del Servizio sanitario regionale con funzioni di coordinatore del Dea del policlinico Umberto I». «È una decisione ingiusta che andrà motivata», replica il direttore Modini: «Ho sempre fatto tutto quello che era il mio dovere», dice amareggiato.Il provvedimento disciplinare arriva in serata, nonostante le precisazioni nel pomeriggio fatte dal direttore del Dea: «Chi ha riferito ai due senatori – aveva precisato Modini – evidentemente non era informato. È un equivoco, la paziente, non era in coma, era sedata e in barella da tre giorni. Non è possibile che una paziente in coma rimanga al Pronto soccorso». Era stato lo stesso Moldini, peraltro, a dichiarare a caldo all’Ansa l’altroieri, lunedì 20, che «la donna, di circa 50 anni, è in coma da tre giorni e viene assistita al meglio».Le precisazioni del giorno dopo sciolgono anche altri interrogativi. Il fatto stesso che la paziente fosse bloccata mani e piedi alla barella conferma che non era in coma, altrimenti non ce ne sarebbe stato bisogno. «La paziente è vigile ma non collaborante», si legge nella cartella clinica. «Ha crisi convulsive per le quali necessitano terapie specifiche, risulta agitatissima per cui è necessario procedere a terapie per endovena non potendo somministrare terapie orali. I familiari acconsentono al contenimento degli arti superiori». Per le crisi convulsive «non può essere alimentata per bocca» e quindi è controindicata «anche la nutrizione enterale (con sondino naso-intestinale) che avrebbe potuto causare una polmonite da ingestione».
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