mercoledì 28 settembre 2011
Lo scorso aprile lo stop della Corte di giustizia su ricorso di Berlino, secondo cui gli aiuti non c’entrano con la politica agricola ma sono invece di natura sociale e dunque di competenza nazionale. Tra pochi giorni si decide sullo stop ai banchi alimentari.
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Se nel 2009 tredici milioni di poveri in 19 paesi dell’Ue hanno avuto il “lusso” di un pasto caldo lo devono al Programma europeo di aiuto alimentare (Pead). Un programma che adesso rischia seriamente di cessare in assenza di fondi per le divisioni Ue.Il programma fu lanciato nel 1987 dall’allora presidente della Commissione Europea Jacques Delors. Era l’epoca delle migliaia di tonnellate di prodotti alimentari accumulati nei depositi dell’Ue in quanto "eccedenti" secondo le regole della Politica agricola comune, e accantonati in scorte di emergenza. Solo che dagli anni Novanta, vista la riduzione delle scorte derivanti dalle modifiche della Politica agricola, la Commissione copriva il fabbisogno acquistando alimenti sul mercato. Solo che lo scorso aprile è arrivato lo stop della Corte di Giustizia Ue, su ricorso della Germania, secondo cui questi aiuti non c’entrano con la politica agricola ma sono invece di natura sociale, e dunque, secondo le regole Ue, di competenza strettamente nazionale. E inoltre, sempre secondo Berlino, non sono in linea con la politica agricola Ue e con le norme del Wto. La Corte, dando ragione ai tedeschi, ha intimato l’applicazione della normativa vigente, vietando dunque l’acquisto di cibo sul mercato.Risultato, la Commissione ha dovuto rimodulare gli aiuti sulle scorte esistenti, con un taglio drastico: invece degli attuali 480 miliardi di euro, nel 2012 si scende a 113,5 milioni di euro (in Italia, primo beneficiario seguita da Polonia e Francia, si scenderà da 100 milioni a 22 milioni di euro). Peggio ancora, nel 2013 praticamente il fondo si azzererà. La Commissione allora ha avanzato una proposta che consentirebbe ufficialmente l’acquisto di alimenti sul mercato. Ma la Germania – e con lei il Regno Unito, la Svezia, la Danimarca, l’Olanda e la Repubblica Ceca – non ci sentono, e insieme dispongono di abbastanza voti in consiglio per formare una minoranza di blocco. Lo scorso giugno Italia, Francia, Belgio, Bulgaria, Estonia, Spagna, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia avevano indirizzato una lettera appello al commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos (di cui pubblichiamo un intervento qui a fianco, <+corsivo>ndr<+tondo>), chiedendo una soluzione urgente, e avevano ottenuto un Consiglio straordinario. Dopo un nulla di fatto, si è riprovato al Consiglio Agricoltura del 20 settembre a Bruxelles, ma la minoranza di blocco si è riproposta compatta.L’indignazione, a cominciare da quella di Ciolos, è enorme. Il Parlamento Europeo ha già annunciato che non ha intenzione di ingoiare lo stop a un programma di questa rilevanza, il gruppo dei Socialisti e Democratici europei ha definito l’azione «moralmente inaccettabile», mentre per il Ppe hanno parlato gli esponenti del Pdl a Strasburgo, Mario Mauro e Giovanni La Via, secondo i quali il Parlamento Europeo «non può accettare una drastica riduzione dell’aiuto alimentare». Anche il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano ha duramente criticato il blocco, «in questa fase economica particolarmente critica un energico ridimensionamento del programma potrebbe arrecare – ha affermato – un grave pregiudizio a molti milioni di poveri». «La nostra battaglia – ha detto anche Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare Onlus – continuerà in tutte le sedi e secondo tutte le opportunità». Il tempo però è pochissimo, l’ultima chance è fine ottobre, poi sarà troppo tardi.
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