sabato 19 agosto 2023
A Mosca c'è chi spinge per congelare il conflitto pur di non riconoscere il fallimento. A Kiev riconoscono che la controffensiva procede, ma a fatica. E gli 007 valutano varie opzioni.
Conto alla rovescia verso il pantano d'autunno. I "segnali" dalla diplomazia
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Prima che arrivi un nuovo inverno e si debba attendere un’altra primavera perché la neve si sciolga rivelando il non detto sui campi di battaglia, le intelligence occidentali stanno correndo ai ripari preannunciando quello che molti sapevano e pochi dicevano: la guerra in Ucraina non finirà né come vuole Kiev e neanche secondo le iniziali ambizioni di Mosca.

La controffensiva procede, ma è rallentata dalle fortificazioni russe e tra meno di cento giorni l’intera area di attrito tornerà ad essere un pantano, ostacolando le operazioni su entrambi i lati del vasto campo di battaglia. Al ritmo attuale potrebbero volerci anni prima che Kiev riesca nel suo legittimo scopo: riconquistare ogni landa e mettere al sicuro i confini.

L’arrivo dei caccia F-16 e degli aerei d'attacco francesi, attesi non prima del tardo autunno, faciliterà le missioni degli uomini sul terreno, ma a meno di un naufragio del sistema Putin è difficile anche solo ipotizzare una ritirata russa che possa anticipare il termine della guerra. I segnali da Washington vanno decifrati.

Citando fonti dell’amministrazione Usa, il New York Times ha scritto che il numero dei soldati ucraini e russi uccisi o feriti dall’inizio della guerra è di quasi mezzo milione, ma un calcolo preciso è difficile da svolgere. «La nostra impressione – spiega un diplomatico europeo nella capitale ucraina - è che stiano lentamente maturando i tempi perché si possa avviare una fase negoziale, anche se potrebbero volerci settimane prima di un avvio ufficiale e poi mesi prima di ottenere qualche risultato». Il problema «è che nessuno - aggiunge - si fida più della parola di Vladimir Putin che anche a livello di diplomazia sotterranea si è rivelato un mentitore seriale, perciò si potrà negoziare solo quando altri garantiranno per lui».

Giovedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato la legislazione che estende la legge marziale e una mobilitazione militare generale fino a metà novembre. Se la disposizione non verrà revocata, sarà necessario posticipare le elezioni parlamentari nazionali previste per l’autunno. La legislazione ucraina prevede che la legge marziale debba essere prorogata ogni 90 giorni. La costituzione stabilisce che le elezioni parlamentari dovrebbero aver luogo entro il 29 ottobre e le presidenziali all’inizio del prossimo anno.

Secondo quanto riferisce l’Istituto per lo studio della guerra di Washington (Isw), di cui è presidente il generale in pensione John M. Keane, già capo di stato maggiore degli Usa, il generale russo Alexandr Khodakovsky, comandante del Battaglione “Vostok”, ha suggerito «di congelare la guerra in Ucraina lungo le attuali linee del fronte», reintroducendo una narrativa che era rimasta in gran parte sopita dopo la ribellione armata di Yevgeny Prigozhin. Khodakovsky ha dichiarato «che la Russia non sarà in grado di rovesciare militarmente l’Ucraina nel breve termine e che è improbabile che le forze russe occupino facilmente altre città ucraine», di fatto confermando le parole dello stesso Prigozhin.

Khodakovsky ha concluso che la Russia dovrà probabilmente giungere a una tregua e che potrebbe entrare in una fase «senza pace né guerra» con l’Ucraina. Fonti russe hanno affermato che «una fazione del Cremlino - riporta l’Isw - è interessata a congelare la guerra lungo gli attuali fronti per ragioni simili, oltre che per le preoccupazioni sulla stabilità politica interna e sulle ricadute economiche della guerra».

Due i segnali di preoccupazione da Mosca in queste ore. Primo: il ministero dell’Interno ha emesso un ordine in base al quale l’agenzia di polizia internazionale Interpol potrà solo «condurre interviste, inchieste e identificazioni», ma nessuna operazione che comprenda intercettazioni telefoniche o vigilanza. Secondo: l’attivista russo Grigory Melkonyants, co-presidente del movimento Golos, che monitora lo svolgimento delle elezioni in Russia, è stato arrestato con l’accusa di avere organizzato l’attività di una ong “indesiderata” nel Paese. La Corte Basmanny di Mosca ha deciso l’arresto per Melkonyants fino al 17 ottobre, in attesa del processo. Le accuse si riferiscono alla collaborazione tra il movimento Golos e la Commissione europea per il controllo delle elezioni regionali, che si svolgeranno prima del processo all’attivista e che Putin ha bisogno di trasformare in un plebiscito.

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