venerdì 23 settembre 2011
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I ministri si guardano in silenzio mentre Silvio Berlusconi sussurra dieci parole: «Questo suo modo di accentrare non è davvero più tollerabile...». Ce l’ha con Giulio Tremonti, il premier. Con il suo modo di guidare l’economia. Con le sue «chiusure pregiudiziali a ogni tipo di confronto costruttivo». Berlusconi è nero, ma inizialmente prova a chiudersi la bocca. A mandare giù l’«ennesimo sgarbo»: Tremonti a quell’ora si sta muovendo verso l’aeroporto di Roma-Fiumicino (da lì volerà per Washington per partecipare alla riunione del Fondo monetario internazionale) «disertando» di fatto il consiglio dei ministri fissato per approvare la nota di aggiornamento al Def di aprile, ma soprattutto il voto di Montecitorio su Marco Milanese. La riunione dell’esecutivo si accende. I ministri, uno dopo l’altro, mettono sotto accusa il "custode dei conti": Paolo Romani, Giancarlo Galan, Renato Brunetta, Anna Maria Bernini... Gianni Letta prova come sempre ad azzardare una mediazione, ma questa volta viene travolto. Le accuse sono dure. Nette. Le richieste si accavallano e per riassumerle bastano poche parole: Giulio Tremonti «non può continuare a fare il comodo suo». Berlusconi ascolta, poi decide di rompere il silenzio: «Se la situazione non fosse quella che è, se non fossimo costretti a fare i conti con una crisi economica così drammatica che non ci dà pace...». Il premier sospira, poi riparte e affonda il colpo: «...Dovrei fare solo una cosa che non posso fare. Dovrei chiedere le dimissioni al ministro dell’Economia». Tutti guardano il premier. Lui abbassa gli occhi ma, un’ora più tardi, riprende da dove si era fermato: «Tremonti parla male di me in Europa e questo non è tollerabile. Tremonti dice che io ho peggiorato la manovra e anche questo non è tollerabile». Basta, Berlusconi si chiude la bocca, ma l’ipotesi che si stia preparando a "licenziare" il ministro dell’Economia cresce ora dopo ora.  Lo scontro dopo un periodo di relativa tregua torna insomma ad accendersi. Ed è solo l’inizio. È l’assenza sulla votazione di Milanese a compromettere (forse definitivamente) anche i rapporti umani tra Tremonti e l’intera maggioranza. La Lega non prova nemmeno a trattenere rabbia e disappunto. I deputati lumbard ripetono parole chiare che non sfuggono ai cronisti: «Ma come noi ci sporchiamo le mani per il napoletano (Marco Milanese, <+corsivo>ndr<+tondo>) e Tremonti non ha nemmeno il coraggio di metterci la faccia». L’atmosfera a Montecitorio è elettrica. Crosetto boccia l’uomo dell’Economia con una sola parola. Impronunciabile. Marco Reguzzoni è netto: con noi Giulio ha finito. Tutto il Pdl è furioso: basta, non faremo passare più un solo provvedimento sponsorizzato dal Tesoro.Silvio Berlusconi è a Montecitorio, ma a Palazzo Grazioli c’è chi sta cercando di capire se Tremonti poteva partecipare al voto e partire dopo. Il ministro sarebbe partito alle 11 e 10 da Fiumicino con un volo di linea della United Airlines e sarebbe così arrivato a Washington alle 15 e 10 ora locale. Quasi cinque ore prima della prima cena ufficiale. La ricerca va avanti e gli interrogativi si accavallano. Perchè non ha deciso di partire con un volo di Stato? E non c’era un volo Alitalia che gli avrebbe comunque consentito di essere a Washinghton per gli impegni ufficiali. Il risultato di quelle ricerche arriva fino a Montecitorio. Il premier ora è amareggiato. Non capisce la scelta di tremonti e la boccia con una sola parola: «Immorale». A sera nel Pdl e nella Lega la portata dello strappo è chiara a tutti. E chiara a tutti è la mancanza di una soluzione per porre fine al "braccio di ferro": oggi il premier non può allontanare il ministro. Perchè se cade Tremonti rischia di cadere il governo. E perchè c’è una crisi che Berlusconi ha promesso di voler affrontare con responsabilità.
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