venerdì 29 luglio 2011
Il ministro fa una battuta coi giornalisti sull'indagine. Ma per l'imprenditore Di Lernia l'affitto era pagato da altri e Tremonti era ricattato. Arresto Milanese, voto a settembre. Primo sì ai pm per i tabulati.
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Gioca con le parole Giulio Tremonti per dissipare le voci, tornate a circolare ieri mattina anche sui mercati finanziari, di sue possibili dimissioni: «Vi dò subito una notizia, mi sono dimesso da inquilino», ha detto il ministro dell’Economia in apertura di una conferenza stampa alla Cassa depositi e prestiti. L’«inquilino» è un riferimento alla vicenda della casa di via di Campo Marzio, presa in affitto dal suo ex braccio destro Marco Milanese che poi dalla fine del 2008 vi ospitava il ministro. Tremonti rompe così il silenzio sul caso, ma lo fa solo con una battuta e rimandando per ulteriori chiarimenti a oggi, quando il Corriere della sera pubblicherà una sua risposta all’invito di chiarimenti avanzato ieri in prima pagina dall’editorialista Sergio Romano.Una battuta che arriva proprio nel giorno in cui l’intricata vicenda segna due punti-chiave: la giunta per le autorizzazioni della Camera ha sancito la linea del rinvio sull’arresto di Milanese (se ne parlerà entro il 16 settembre) con il voto di Pdl, Lega e Udc (Pd e Idv hanno votato contro), mentre come scontato è passata all’unanimità l’autorizzazione ai giudici napoletani ad aprire le cassette di sicurezza intestate al deputato del Pdl e ad acquisire i tabulati dei suoi cellulari. Su questo aspetto l’ultima parola verrà comunque dall’aula, che deciderà martedì 2 agosto. Inoltre il Csm ha avviato una pratica sul procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, in relazione al discusso pranzo cui partecipò nel dicembre scorso, nella casa dell’avvocato Fischetti, assieme a Tremonti e Milanese, malgrado su quest’ultimo fossero in corso indagini della procura di Napoli. Capaldo ha precisato che «solo i malpensanti possono credere che si sia parlato di fatti giudiziari», è «una clamorosa strumentalizzazione».A escludere le dimissioni dal Tesoro ci aveva già pensato il leader della Lega: per Umberto Bossi quella in cui si è imbattuto Tremonti «è una buccia di banana, una stupidaggine, non è un fatto grave». La pensano diversamente le opposizioni: Boccia, del Pd, e Borghesi, dell’Idv, hanno affermato che il super-ministro «ha il dovere di rispondere in Parlamento». La vicenda assume inevitabilmente un risvolto politico: Tremonti pare ormai difeso solo da Bossi e da pochi altri nella Lega che intanto, a conferma di divisioni interne, fa sapere che sull’arresto di Milanese deciderà la linea l’ultimo giorno utile. Questo sembra acuire la voglia di Berlusconi di "disfarsi" del suo ministro più importante (e scomodo), anche per togliere un punto di riferimento a Bossi, nonché al presidente Napolitano. Attorno al caso, tuttavia, l’attenzione resta alta. Ieri Milanese si è presentato alla giunta: dopo una lunga schermaglia l’organismo ha deciso di acquisire nuovi documenti e di non sentire il deputato,  L’ex finanziere ha parlato in un’intervista a Repubblica: ha precisato che «ospite non significa a titolo gratuito» confermando che Tremonti gli rimborsava metà canone in contanti, senza che questo rappresenti una stranezza perché, ha aggiunto, «in fondo il ministro riceve lo stipendio in contanti». Milanese ha rivendicato poi la sua innocenza: «Non sono un delinquente e voglio il processo». Dell’affitto ha dato però tutt’altra versione Tommaso Di Lernia, l’imprenditore accusato di aver pagato in sovrapprezzo una barca di Milanese in cambio di appalti all’Enav: per Di Lernia l’affitto sarebbe stato pagato invece da Angelo Proietti, il titolare della "Edil Ars" che ha ristrutturato l’immobile e che avrebbe ottenuto in cambio appalti dalla Sogei. I legali di Milanese hanno annunciato però una querela per calunnia. Di Lernia, secondo quanto riferito dai suoi legali, avrebbe parlato ai giudici di un vero e proprio sistema di tangenti legati agli appalti degli aeroporti.
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