giovedì 8 febbraio 2024
Il Festival finisce al centro delle polemiche per le sneakers indossate dall'attore. La Rai si difende: «Nessun accordo commerciale». Perché la vicenda (e la serata) non ci sono piaciute
La gag con John Travolta fuori dall'Ariston

La gag con John Travolta fuori dall'Ariston - Fotogramma

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È arrivato Tony Manero (John Travolta) e già mercoledì, secondo giorno del Festival di Sanremo, ha scatenato la Febbre del sabato sera. Da bravo influencer e uomo spot, il nostro John l’avrebbe combinata grossa: ha fatto le scarpe al Festival. Sì perché di tutta la sua esibizione – è un eufemismo, perdonateci – quello che resta è l’immagine delle sneakers bianche U-Power (alla Sinner) che ha esibito sul palco dell’Ariston. Il Palazzo della politica si è svegliato gridando al complotto sanremese: la star di Hollywood, avrebbe violato le norme pubblicitarie. Quelle “fettone” bianche candide che risaltavano sul completo scuro slasciato come la cravatta, sarebbero pubblicità occulta.

Una reclame subdola, a favore della nota e fashion U-Power, il cui proprietario è per altro seduto nelle prime file dell'Ariston.

Il papero Amadeus che voleva costringere il mitico John a danzare con il socio Fiorello sulle note del Ballo del qua qua (senza neanche invitare Romina Power, vergogna!) dopo aver incassato il rifiuto dell’attore americano a indossare anche lui, come loro, un ridicolo cappellino da pennuto, ora si prende anche le mazziate sulla presunta “congiura delle calzature”.

Con la stessa faccia e lo stesso naso (lungo) con cui un anno fa il direttore artistico di Sanremo si difendeva dagli attacchi sulle vicende sanremesi dei Ferragnez, così ora è costretto a rimandare al mittente ogni allusione su accordi commerciali fatti sotto banco con il celebre calzaturificio. «Io non conosco nemmeno il nome dell'azienda delle scarpe che indossava John Travolta. Non sapevo assolutamente nulla». Il conduttore nega anche che la frase “Don't worry, be happy”, che è lo slogan dell’U-Power, fosse un riferimento all'azienda: semplicemente il ritornello della celebre hit di Bobby McFerrin, appunto “. Don't worry, be happy”. Insomma Amadeus avrebbe preso l’ennesima sòla della sua quinquennale gestione sanremese e addirittura vuole convincerci che «è stato lo stesso Travolta a proporsi per il Festival, per via di impegni che aveva qui vicino all’Ariston».

Sarà, ma dall’aria spaesata e quasi scocciata con cui si è presentato il nostro John l’impressione generale è stata un’altra. E il fatto che, dopo il siparietto supertrash, che va oltre lo splatter tarantiniano a cui è avvezzo, Travolta non ha dato la liberatoria per rimandare le immagini del penoso teatrino ideato dalla ditta Amadeus-Fiorello, sembrerebbe un indizio ulteriore di come è stata gestita male la comparsata.

«Ma era già previsto nel contratto che la Rai potesse usare le immagini solo nella diretta e non per clip sulla rete o altri utilizzi» interviene da dietro le quinte la vicedirettrice dell'Intrattenimento di Prime Time, Federica Lentini. E a fugare ogni illazione sul presunto compenso di 200mila euro per la star americana, il direttore dell'Intrattenimento di Prime Time, Marcello Ciannamea proclama: «Travolta è venuto a rimborso spese».

Ok questa ce la beviamo senza citare, noi, la marca della bevanda che ingolliamo per attutire il colpo a sorpresa. John Travolta che di solito viaggia a cachet da sei zeri, anche se parla delle Iene, sarebbe venuto al Festival di Sanremo accontentandosi di un rimborso come quello che spetta a un giovane arbitro della Promozione ligure? Questa è grossa. Così come sul “daltonismo” travoltiano c’è qualche sospetto. Quel cappellino da papero non se lo sarebbe messo semplicemente «perché – spiega Amadeus – forse sapeva che il cappello era giallo invece che arancione. Ma sapeva tutto. Non gli abbiamo teso nessun tranello, lui sapeva tutto». Noi invece, a nome di tutti gli utenti Rai, vorremmo sapere (assieme al Codacons che ha presentato il tempestivo esposto alla Rai) se è vero che per questa pagliacciata, neanche nazionalpopolare, mister John abbia davvero percepito 200mila euro. I quali sommati ai 450mila presi, di sicuro, dallo stesso Travolta, al Festival del 2006 (conduzione di Giorgio Panariello, un gigante con il senno di poi) farebbero 650mila euro.

Senza aver fatto studi di ragioneria vuol dire che negli ultimi 18 anni dalla tv di Stato italiana uno dei tanti bravi attori dello showbiz americano, standosene tranquillamente a casa sua o in giro per il mondo, ha percepito una rendita di oltre 30mila euro annui. Cifra che è di gran lunga lo stipendio medio stagionale che prende un bravo musicista dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo.

E per cosa poi una simile somma? Per riesibirsi negli stessi identici due passetti di danza da ex giovane idolo della generazione degli anni ’70-‘80 e ancheggiare artritico e svogliato alle note della colonna sonora di Pulp Fiction. Un po’ poco per aver ricevuto così tanto. Ma del resto la cerebrale conduzione Amadeus-Fiorello non ha posto una sola domanda all’uomo Travolta, e non al divo John, il quale tra i tanti successi, i premi e le candidature agli Oscar, ha collezionato anche tante sconfitte nella vita e attraversato drammi famigliari (la perdita del figlio Jett e della moglie Kelly) che forse meritavano un approfondimento. Ma evidentemente lo spazio umanitario era stato già esaurito con Giovanni Allevi.

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