mercoledì 20 gennaio 2021
Il bilancio del 2020 del Cnt mostra un calo di 400 trapianti, ma preoccupa l'aumento delle opposizioni al 33% che ci fa tornare indietro di cinque anni. Speranza: sistema è solido ed eccellenza
Un momento di un intervento di trapianto nell'ospedale di Palermo

Un momento di un intervento di trapianto nell'ospedale di Palermo - Ansa/Michele Naccari

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A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, nell’anno della pandemia ci sono sì tanti record, come quello sui trapianti di midollo. E anche il calo degli interventi è stato contenuto (-10%), tuttavia il 2020 sarà ricordato per l’aumento di coloro che hanno negato il consenso alla donazione degli organi (33%) che ci riporta indietro di cinque anni.

Certo il sistema ha dimostrato, seppur nella contrazione di essere solido e di confermarsi un’eccellenza, per usare le parole del ministro della Salute Roberto Speranza, ma resta il fatto che i dati sui trapianti dei dodici mesi si sono chiusi con 400 interventi in meno anche per la carenza delle terapie intensive a disposizione.

I dati del 2020

I numeri sull’attività di donazione e trapianti nel 2020, diffusi dal Centro nazionale trapianti, raccontano di una rete italiana trapianti che ha retto l’urto della pandemica con 3.441 interventi effettuati, ovvero 373 in meno rispetto al 2019. A pesare, inevitabilmente, è stata la saturazione delle terapie intensive: nel 2020 le segnalazioni di potenziali donatori in rianimazione sono calate dell’11,5%. Il calo è dunque legato direttamente alla saturazione delle terapie intensive che, afferma il Cnt, sono «la trincea della lotta al Covid ma anche il luogo in cui avvengono le donazioni di organi e tessuti necessarie ai trapianti».

Così, nel 2020 le segnalazioni di potenziali donatori in rianimazione sono calate dell’11,5% rispetto al 2019 e questo ha portato a una diminuzione del 10,4% dei prelievi di organo da donatori deceduti (1.236 contro i 1.379 dell’anno precedente). A questo dato si aggiunge una diminuzione più consistente delle donazioni da vivente (294, -19.2%), anche perché trattandosi di un’attività chirurgica programmabile, questa tipologia di trapianto ha scontato un rallentamento maggiore. Il risultato finale è un tasso di 20,5 donatori per milione di abitanti, che riporta l’Italia indietro di cinque anni: era dal 2016 che questo indicatore era stabilmente sopra quota 21 (l’anno scorso 22,8).

«In questi duri mesi di pandemia, il nostro Centro nazionale trapianti non ha mai smesso la sua fondamentale attività al servizio della salute dei cittadini: nonostante le difficoltà di questo periodo, la Rete trapiantologica ha assicurato ai pazienti una continuità assistenziale di altissimo livello», spiega il ministro della Salute, Roberto Speranza, sottolineando anche gli importanti traguardi raggiunti. Come il primo trapianto europeo di polmone su un paziente colpito da Covid-19, che è stato realizzato nel nostro Paese lo scorso maggio. Questo dimostra la qualità del nostro sistema, conclude, e induce a puntare sulla cultura della donazione che «va sempre più diffusa e la sua promozione è un impegno fondamentale per il ministero della Salute».

Il record dei trapianti di midollo

Un risultato non certo scontato, soprattutto nel pieno della pandemia. Scorrendo infatti i dati del Cnt si vede che il 2020 ha luci e ombre. Tra le luci che brillano di più infatti c’è il record di trapianti di midollo effettuati da donatore non consanguineo, ben 875 (+1,9%) e di donazioni effettuate, 288 (+1,4%). È l’immissione dei nuovi donatori, invece, a pagare il blocco delle attività che ha impedito gli eventi di reclutamento nelle piazze: i nuovi iscritti al Registro nel 2020 sono stati 20.960, oltre la metà in meno del 2019. Un numero che ha permesso comunque di mantenere in attivo il bilancio dei potenziali donatori italiani (gli iscritti attivi al 31 dicembre erano 460.728, +2,4% rispetto a dodici mesi prima) ma che, se non si inverte subito la rotta, afferma il Cnt, «non sarà sufficiente a garantire nei prossimi anni una risposta di cura per i tanti pazienti in attesa di un donatore compatibile».

I problemi aperti

Vuoi per la riduzione del numero generale dei rilasci di documenti di identità per i lockdown, vuoi per mancate informazioni, vuoi perché la mente dei cittadini nel 2020 è stata rivolta altrove, vuoi perché nel pieno della pandemia ci si chiude un po’ in se stessi, a far riflettere è il fatto che negli ultimi dodici mesi sono aumentate le opposizioni alla donazione di organi nelle registrazioni di volontà dei cittadini attraverso le carte d’identità rilasciate dai comuni. Nel 2020 ha detto infatti di no alla donazione il 33,6% dei dichiaranti, la percentuale più alta di sempre (erano il 32,5% nel 2019). A registrare il diniego sono soprattutto gli over 60, mentre è più alta la propensione alla donazione tra i giovani adulti (tra i 30-40enni il consenso è al 75%). Sono le donne ad essere più generose, con un’opposizione ferma al 29,8% contro il 32,2% degli uomini.

La rete dei trapianti in Italia «è solida, ma ora bisogna ridurre le opposizioni», è perciò il commento del direttore del Centro nazionale trapianti Cnt, Massimo Cardillo, aggiungendo come «nello tsunami del Covid la rete trapiantologica ha dimostrato tutta la sua solidità», senza però nascondere la preoccupazione per l’aumento delle opposizioni. Si tratta di un dato che «rischia di essere insostenibile sul lungo periodo ed è tempo - conclude - di affrontare strutturalmente il problema
rafforzando l’informazione ai cittadini».

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