domenica 8 gennaio 2017
Per il presidente della Commissione d’inchiesta, «lo smaltimento ormai non è più un problema Nord-Sud Italia»
Bratti: «Traffico di rifiuti, il Parlamento indaga»
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«C’è ancora un traffico di rifiuti verso Paesi stranieri? Sicuramente sì ma è molto diverso da quello degli anni ’80-90. Allora si trattava di probabili relazioni coi 'signori della guerra' in Somalia o in Medioriente, con scambio armi-rifiuti. Noi stiamo indagando su quegli affari e su quelli di oggi». Così spiega Alessandro Bratti, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. «Questo abbiamo nel nostro radar – aggiunge il parlamentare Pd –: mettere in luce il passato per riportare la discussione nella sua giustezza, cercando di acquisire nuovi documenti, e dall’altra invece l’attualità del traffico trasfrontaliero dei rifiuti».

Presidente Bratti, partiamo dal passato, su cui spesso non è stata fatta verità.
È vero. Vogliamo capire cosa è successo quando le nostre aziende di Stato non avevano luoghi dove smaltire i rifiuti pericolosi, che così andavano a finire in Venezuela o Libano, dove poi dovemmo mandare tre navi per riportarli in Italia. Non si è mai riusciti a dimostrarlo, ma dagli atti emerge che c’era un rapporto tra rifiuti e armi. Stiamo facendo in lavoro di desecretazione dei documenti dei Servizi segreti di quell’epoca. L’ultimo riguarda Ilaria Alpi e dimostra che il famoso Marocchino, oltre a tante altre cose, era anche un trafficante di rifiuti.

Avete anche acquisito nuovi documenti.
Quelli che aveva in casa Cesarina Ferruzzi, che per conto della Monteco, gruppo Montedison, andò in Libano per caricare le tre navi coi rifiuti da riportare in Italia. Arrivarono a Genova da dove, con un’operazione secretata, furono smaltiti all’estero e in Italia. Avevamo ascoltato la Ferruzzi e ci aveva promesso quelle carte. Non lo ha fatto e allora le abbiamo sequestrate, per capire come è avvenuto il rimpatrio e se i rifiuti sono stati smaltiti in modo lecito.

E sui rifiuti radioattivi? Siamo andati a Taranto, nel deposito di Statte. Abbiamo trovato e sequestrato un mese fa un archivio che è un pezzo del nucleare italiano. Ora coi nostri consulenti vedremo cosa c’è. Sono soprattutto rifiuti ospedalieri ma potrebbe esserci anche qualcosa che parla di traffici non solo nazionali.

E le 'navi dei veleni'?
Nella scorsa legislatura abbiamo approvato una relazione sulle navi e una sulla morte di De Grazia. Non escludo che ci siano state delle navi che sono state affondate per frode assicurativa o anche per smaltimento, ma non è questo il filone più interessante. Crediamo che lo sia di più capire se esisteva un’esportazione di armi in cambio di smaltimento di rifiuti.

E oggi cosa succede?
Abbiamo verificato che esiste un traffico di rifiuti pararegolare, che riguarda numerosi porti europei verso il Nordafrica. Si tratta di traffici 'regolari' ma che poi, come abbiamo verificato, in alcuni casi regolari non sono. Vengono denunciati come materie prime e seconde e in realtà sono veri e propri rifiuti. Abbiamo scoperto dal porto di Genova un traffico molto ben organizzato verso il Ghana di rifiuti informatici. Poi vanno in Africa migliaia di veicoli usati, definiti funzionanti. Abbiamo però registrato un calo enorme di veicoli rottamati in Italia e quindi c’è il sospetto che molti di quelli che vanno all’estero come usati, siano invece smantellati in condizioni molto diverse dalle nostre, con evidenti rischi ambientali.

E le plastiche?
Ci sono i teloni di plastica contaminati da fitofarmaci che vanno in Cina come materiale riciclabile. In realtà materiale non trattato che i cinesi lavorano così come è, e che poi noi ci riprendiamo indietro sotto forma di giocattoli. Siamo andati in Cina nella scorsa legislatura ma non abbiamo avuto molta collaborazione. Si tratta di traffici con cinesi in collegamento con alcuni gruppi organizzati in Italia.

Legati alla criminalità organizzata?
Non necessariamente ma ben organizzati: il basista cinese, l’uomo dell’Autorità portuale corrotto, e via dicendo. Stiamo facendo una relazione proprio su questo traffico di rifiuti transfrontaliero dove racconteremo tutto. Ma non ci sono solo questi traffici.

Di cosa vi state ancora occupando?
Dell’esportazione del Cdr, il combustibile da rifiuto prodotto in Italia, non smaltito nei nostri cementifici ma che va all’estero. Ci sono delle filiere verso il Marocco, il Portogallo, la Romania. Anche in questo caso ci sono state situazioni in cui i Paesi 'riceventi' hanno chiesto di fare delle ulteriori analisi perché hanno sospettato che il materiale non corrispondesse veramente alla descrizione cartacea, che invece di Cdr fosse rifiuto vero e proprio.

Non sono pochi i rifiuti che vanno all’estero.
Va molto di moda ma lo considero pessimo da un punto di vista etico. Regioni che per vari motivi sono in crisi e chiedono di esportare il 'tal quale' all’estero. Ha iniziato la Campania che portava i suoi rifiuti in Germania, dove sono state aperte alcune indagini perché il rifiuto non corrispondeva a quello dichiarato. Oggi, in maniera forse lecita, e faccio un punto di domanda, quasi 200mila tonnellate di rifiuti 'tal quali' di Roma, saranno smaltiti in Austria e Germania. Poi le famose ecoballe campane che dovrebbero finire in Portogallo. In tutte queste vicende troviamo società che hanno già avuto nel passato qualche problema giudiziario, sono sempre quelle che lavorano. Finché vanno in Germania e in Austria, lì le tutele ambientali dovrebbero essere rispettate, ma in Portogallo, Romania, Bulgaria, Albania, Croazia o Marocco mi viene qualche dubbio.

Insomma mandare rifiuti all’estero continua a essere un grosso affare.
Come si è globalizzata l’economia, così il malaffare. Il traffico di rifiuti, lecito e illecito, va ben oltre i confini, non è più un problema nord-sud Italia. E chi ha una conoscenza approfondita di questo siamo quasi solo noi italiani, non perché gli altri Paesi siano immuni, ma perché abbiamo avuto pericolosi delinquenti ma anche sviluppato magistrati e investigatori in grado di contrastarli. Fino a 3-4 anni fa all’Interpol i crimini ambientali erano un settore poco considerato, oggi si stanno rendendo conto che sono assolutamente da contrastare.

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