lunedì 27 gennaio 2014
​Esplode per la seconda volta in un mese la protesta al Cie romano. 13 immigrati marocchini si sono cuciti la bocca per manifestare contro la lunga permanenza nella struttura. Tutti hanno deciso di cominciare anche lo sciopero della fame, al quale hanno aderito anche altri 20 connazionali.
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Esplode per la seconda volta in un mese la protesta al Cie di Ponte Galeria, a Roma. Come accaduto già qualche giorno prima di Natale, 13 immigrati marocchini si sono cuciti la bocca per manifestare contro la prolungata permanenza in quella che in molti definiscono la "Lampedusa del Lazio". Tutti hanno deciso di cominciare anche lo sciopero della fame, al quale hanno aderito anche altri 20 connazionali. Tra loro ci sono sette dei ragazzi che diedero vita alla protesta-shock di dicembre. Immediata monta la polemica politica con il deputato del Pd Khalid Chaouki - che proprio a dicembre scorso passò diversi giorni al Cie di Lampedusa dopo le terribili immagini del Tg2 - che invita il ministro Alfano a dare una "risposta urgente a tutti gli immigrati abbandonati nel Cie romano e costretti per disperazione a tornare a compiere gesti pericolosi per la loro incolumità". Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, affida ai social network una provocazione: "Ci risiamo: 13 marocchini ospiti del Cie di Roma si sono cuciti la bocca per protesta, non si trovano bene - scrive -. Non possiamo accontentarli? A che ora parte il primo aereo per il Marocco? Tutti a casa, abbiamo esaurito pazienza e soldi".   

Ieri mattina una delegazione della Commissione Diritti umani del Senato, guidata da Luigi Manconi, ha fatto visita alla struttura che sorge tra Roma e Fiumicino. Secondo quanto ricostruito, la decisione di cucirsi le bocche sarebbe arrivata dopo aver appreso la notizia che alcuni connazionali a Caltanissetta avevano ottenuto il permesso di lasciare il centro con l'ordine di allontanarsi dal territorio italiano entro sette giorni. "I Cie - sottolinea Manconi - non servono allo scopo per cui sono nati: identificano ed espellono una piccola parte di coloro che trattengono, sono costosi e inefficaci e mortificano gravemente la dignità delle persone. Se lo vuole, il Parlamento in poche ore, e con una sola norma, può ridurre drasticamente quel tempo di permanenza così inutile e iniquo". L'episodio di oggi riporta alla ribalta le condizioni di permanenza nei Centri di Identificazione ed Espulsione, non solo a Roma, ma in tutta Italia. Gli immigrati in alcuni casi rischiano di restare all'interno della struttura per 18 mesi in condizioni, talvolta, precarie. "Il loro è un gesto estremo per richiamare l'attenzione della politica, della stampa, delle associazioni", spiega la portavoce della campagna LasciateCIEntrare, Gabriella Guido. Situazioni analoghe si registrano anche a Gradisca, in Friuli Venezia Giulia, a Milano e a Torino, dove alcuni consiglieri di Sel hanno presentato una proposta di mozione per chiudere la struttura di Corso Brunelleschi. La richiesta di chiusura di Ponte Galeria è arrivata nuovamente anche dal Campidoglio, per voce del vicesindaco, Luigi Nieri. "La nuova clamorosa protesta - spiega - conferma, una volta di più che si è perso e si sta continuando a perdere tempo prezioso per mettere fine a una vergogna indegna del nostro Paese". E per sabato 15 febbraio è previsto, proprio al Cie di Ponte Galeria, un corteo di protesta indetto dalle Reti antirazziste e i Movimenti per il diritto all'abitare.

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