lunedì 1 luglio 2019
Il fondatore Oscar Camps: «Dal carcere si esce, dal fondo del mare no». Soccorso un peschereccio con 55 migranti a bordo, anche un neonato, tre bambini e una donna incinta. «Affidati» agli italiani
La nave dell'ong spagnola Open Arms (Ansa)

La nave dell'ong spagnola Open Arms (Ansa)

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"Water, water". Urlavano le persone a bordo, mentre un uomo salito sul ponte alto del peschereccio si sbracciava per attirare l'attenzione dell'equipaggio della nave di Open Arms, che ha ripreso il mare da venerdì, a 6 mesi dal divieto della capitaneria di porto di Barcellona di fare attività di search and rescue nel Mediterraneo centrale.

Un ritorno giustificato dal fondatore Oscar Camps con una frase che dice tutto: "Dal carcere si esce, dal fondo del mare no". Chiaro il riferimento al decreto sicurezza bis che va a colpire proprio le navi umanitarie, come è appena accaduto con l'annosa vicenda della Sea Watch3.

Va detto che questo ritorno nel Mediterraneo centrale degli spagnoli guidati dal comandante italiano Riccardo Gatti, che significa soprattutto osservazione, testimonianza e richiesta di aiuto alle autorità competenti, è già valsa la vita di quelle 55 persone che si trovavano a bordo del peschereccio avvistato domenica, in Sar maltese. Tra loro molte donne, di cui una incinta, un neonato e altri tre bambini. Tutte persone dell'area subsahariana.

L'immediata segnalazione alla Valletta non ha sortito effetto, ma quella all'Italia sì. Le persone stremate e disidratate da tre giorni di navigazione dopo aver ricevuto acqua e viveri dai soccorritori spagnoli hanno potuto proseguire sulla rotta per Lampedusa, scortate a distanza dalla nave umanitaria che si curava della sicurezza dell’imbarcazione e dell'incolumità delle persone a bordo. Poco dopo aver passato la zona SAR maltese e una volta entrato in quella italiana, il peschereccio è stato intercettato dalla motovedetta italiana CP 302 e una della Guardia di Finanza. C'è stata un po' di tensione al momento dell'incontro-scontro tra i finanzieri e la nave di Open Arms, come documentato in un video del reporter a bordo Valerio Nicolosi, ma l'operazione di trasbordo non è stata compromessa: 11 tra le persone nelle condizioni psicofisiche peggiori sono state subito portate a Lampedusa, le altre dirette nei porti siciliani di Licata e Pozzallo.

Restando sul tema degli sbarchi e dei porti chiusi soltanto alle imbarcazioni umanitarie, nella notte a Lampedusa sono arrivate altre 17 persone su un barchini. Nel frattempo la nave di SeeEye, la Alan Kurdi, ha ripreso il mare da tre giorni, in direzione Sar libica e sul pennone più alto fa sventolare una bandiera bianca con la scritta "Free Carola". Un gesto di solidarietà alla comandante della Sea Watch 3 che alle 15.30 è attesa al Tribunale di Agrigento per l'interrogatorio di garanzia. I legali di Carola Rackete stanno lavorando affinché le siano tolti gli arresti domiciliari e il divieto di lasciare la provincia agrigentina.

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