sabato 17 settembre 2011
Rosa ha 16 mesi. Tra le ragioni del Tribunale dei minori le presunte psicosi del padre, la freddezza della madre, un episodio di abbandono e l’età dei due (58 lei, 70 lui).
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Non adatti al mestiere di genitori. Per questo il Tribunale dei minori di Torino ha dato in adozione Rosa, una bimba di 16 mesi nata da quelli che in molti considerano genitori-nonni: 70 anni lui, 58 lei. L’essere troppo in là con l’età per districarsi tra biberon e pannolini non è però il motivo principale con cui la sentenza, depositata il 16 agosto, ha decretato l’affido. Infatti, i problemi che riguardano la piccola Rosa «hanno avuto origine ben prima del suo concepimento»: è questa la chiave di volta del testo, 16 pagine – destinate a fare discutere – che ripercorrono la storia di un «eccessivo desiderio di genitorialità».Gabriella e Luigi Deambrosis, lei bibliotecaria, lui impiegato, si appelleranno alla sentenza del collegio presieduto da Donata Clerici, difesi dagli avvocati Fabio Deorsola e Gianni e Antonio Dionisio. Rifacendosi alle perizie dell’équipe che ha valutato – e respinto – due domande d’adozione della coppia, il verdetto parla di una controversa elaborazione del lutto legato alla sterilità: «L’essere di fatto bloccati dal bisogno insoddisfatto di genitorialità pare confermato dalla reiterazione di svariati tentativi di fecondazione assistita».Si passa poi a ricordare la reticenza dei genitori a fornire informazioni sulle modalità con cui sono ricorsi alla pratica: «La mancanza di trasparenza in merito alle modalità del concepimento impedisce di affermare con assoluta certezza che la coppia abbia fatto ricorso a mezzi attualmente non consentiti dalla legge (inseminazione eterologa) anche se questa possibilità appare quella più probabile alla luce del tenore delle risposte evasive». In merito all’età, poi, si legge che «il Collegio ritiene che la piccola sia frutto di un’applicazione distorta delle enormi possibilità offerte dal progresso in materia genetica, comunque poco attenta alla condizione del nascituro». Una «disfunzionalità» che consisterebbe nel dare priorità al solo punto di vista dell’adulto-genitore e che «si fonda sulla supposta esistenza di un diritto soggettivo a perseguire la genitorialità biologica, diritto che giustifica qualsiasi forzatura».La sentenza non teme di sbilanciarsi nell’affermare che la scelta di mamma Gabriella e papà Luigi «si fonda sulla volontà di onnipotenza, sul desiderio di soddisfare a tutti i costi i propri bisogni, che necessariamente implicano l’accantonamento di tutte le leggi di natura ed una certa indifferenza rispetto alla prospettiva del bambino». Due genitori che sarebbero «incapaci di contatto emotivo» con la loro figlia. Le domande che i Deambrosis non si sono mai poste, secondo la sentenza, riguardano il futuro della bimba, destinata a restare orfana in giovane età, «e prima ancora sarà costretta a curare i genitori anziani, che potrebbero presentare patologie più o meno invalidanti proprio nel momento in cui, da giovane donna, avrà bisogno del sostegno dei suoi genitori». Se per i genitori la differenza d’età non è un problema, ciò dipende – è il giudizio della perizia psicologica – al fatto che ciò è secondario «rispetto all’appagamento narcisistico di avere un bambino».Fin qui si tratterebbe, dunque, di “premesse” che rafforzano e spiegano la ragione dell’affidamento coatto: «Non tanto il dato anagrafico e quello riguardante il concepimento appaiono preoccupanti, quanto le modalità relazionali e di funzionamento psichico della donna». Il casus belli, però, viene da un episodio risalente al 28 giugno, quando la piccola viene abbandonata da sola e piangente in auto vicino a casa, a Mirabello, un paese a poca distanza da Casale Monferrato. Un episodio su cui, ovviamente, la tesi dei genitori diverge completamente da quella dei vicini di casa che hanno denunciato l’“abbandono”.
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