venerdì 24 giugno 2011
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Sono almeno un centinaio. Armati come se dovessero andare in guerra contro l’infedele: pistola, scudo tra le mani e  manganello appeso alla cintura. Altri colleghi,  in borghese, stanno tra la gente. Sono poliziotti e carabinieri accorsi per tenere a bada la popolazione di Caivano che - pacificamente - tenta di impedire che al suo territorio venga inferta un’ulteriore ferita. Sindaco, assessori e consiglieri comunali, depauperati della loro autorità, sembrano anch’essi cani bastonati. Anch’essi rischiano, come il popolo sovrano - sovrano? - di essere strattonati, arrestati, denunciati.C’è in queste persone, pacifiche e cocciute, una rabbia e un dolore immenso. Guardano quegli uomini armati con estrema tristezza. Li hanno sempre considerati amici, oggi, all’improvviso, li sentono nemici.I camion puzzolenti strapieni di immondizie giungono da Napoli ed entrano a sversare in un capannone industriale, di proprietà del Comune, dove anche al sindaco è vietato l’accesso. Cinquemila tonnellate di monnezza troverà riparo accanto alle fabbriche di gelati e pomodori pelati. Stiamo lì, zitti, inorriditi, soli e indifesi davanti a una ingiustizia grande quanto il sole. Noi abbiamo sempre avuto rispetto per la politica, la magistratura, le forze dell’ordine. Alla gente scoraggiata, che nemmeno va più a votare; a coloro che, disperati, si fanno giustizia con le loro stesse mani; a chi non paga le tasse giustificandosi in mille modi, abbiamo sempre opposto le regole del vivere civile e la fiducia nello Stato. Oggi sentiamo che lo Stato, ci ha tradito. Abbandonati da tutti, derubati anche della stessa amministrazione comunale - gli unici politici che la gente conosce veramente - ci sentiamo vittime di un sopruso.«La camorra vi ringrazia», ho detto al comandante che, gentilmente, si fermava a parlare con me. «Perché dice questo, reverendo?». «Perché con tanti poliziotti e carabinieri, armati contro gente inerme, i camorristi hanno tutta la possibilità di fare ciò che vogliono. A danno, logicamente, dei cittadini». Il comandante mi fissa silenzioso. Gli regalo la corona del rosario che ho tra le mani.Ci sentiamo come chi assiste alla violenza subita da un figlio, e non può difenderlo. Noi, sacerdoti, volontari parrocchiali e civili, gente di buona volontà che abbiamo insistito, lottato, sofferto per gridare - letteralmente! - ai bambini, ai giovani, alle famiglie di non cedere mai alla logica della prepotenza e della sopraffazione, oggi veniamo guardati con diffidenza. Noi, che abbiamo gratuitamente e caparbiamente insegnato e raccomandato di fare la raccolta differenziata per il bene del paese, siamo diventati i "nemici". Noi, che tante volte, dai veri nemici dello Stato, siamo stati intimoriti,  maltrattati, minacciati, veniamo umiliati e bistrattati. Lo Stato, oggi, non ci è amico. Lo diciamo con le lacrime agli occhi e la morte nel cuore. Chiediamo giustizia per i nostri bambini. Chiediamo che a nessuno sia data la possibilità di strappare dal loro cuore la speranza. Vogliamo che l’Italia sappia che la camorra cavalcherà questa situazione in un modo incredibile. Si porrà ancora una volta come l’unica alternativa a uno Stato insipiente, lontano e menefreghista. I danni saranno gravissimi, persino irreparabili.
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