giovedì 6 luglio 2023
«Continuità nell'azienda e nessuna gestione solitaria». Ai due figli maggiori il 53% delle quote. 100 milioni a Marta Fascina. Pier Silvio: politica? No, ora non c'è emergenza, Meloni è brava
Fininvest, il Grande Patto Marina-Pier Silvio

Foto d'archivio

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Una busta non sigillata. Una luogo e una data: Arcore, 19 gennaio 2022. Una scritta: ai miei figli. All'interno due pagine scritte a mano con inchiostro nero. Solo quindici righe. Ecco il testamento di Silvio Berlusconi. Il solito stile del Cavaliere: chiaro, asciutto, essenziale. E la solita linea: continuità nelle aziende. Allora ecco la prima vera notizia (peraltro abbastanza attesa): a Marina e a Pier Silvio va la maggioranza di Fininvest: avendo ricevuto l'intera quota disponibile i due figli raggiungono il 53 per cento del gruppo con quote paritarie. Insomma né Marina, né Pier Silvio avrà il controllo solitario di Fininvest. Torniamo a quel 19 gennaio 2022. Berlusconi sta andando al San Raffaele. Giornate complicate e il pensiero a quando non ci sarà più. «Cara Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora... Sto andando al San Raffaele, se non dovessi tornare vi prego di prendere atto di quanto segue...». Nel testamento ci sono tre nomi e tre lasciti: a Marta Fascina vanno 100 milioni, al fratello Paolo 100 milioni e a Marcello Dell'Utri 30 milioni. E una motivazione: «Per il bene che gli ho voluto e per quello che loro hanno voluto a me». Poi solo un grazie ai cinque figli. «Grazie, tanto amore a tutti voi, il vostro papà».

Ansa

Tutto era chiaro da sempre nella testa del Cavaliere. Chiaro già dal 2 ottobre 2006. Su un blocco note, color giallo paglierino, con l'intestazione Villa San Martino, Silvio Berlusconi aveva anticipato, sempre con poche righe scritte a mano le sue volontà. «Lascio la disponibile in parti uguali ai miei figli Marina e Pier Silvio. Lascio tutto il resto in parti eguali ai miei 5 figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi...». Poi nel 2020 aveva aggiunto le disposizioni a favore del fratello. Ora saranno insomma Marina e Piersilvio a mettersi al timone. Insieme. Con un Grande Patto come voleva il padre. C'è un punto fermo. Almeno in queste ore. Le aziende non si vendono. Piersilvio è chiaro. Nelle conversazioni più private e nell'ultima uscita pubblica: «Non c'è nessuna ipotesi di vendita di Mfe-Mediaset. In famiglia non ne abbiamo parlato. Mi ha dato fastidio che con la morte di mio padre ci siano state simili ipotesi, ma è normale...». Ipotesi smentite. Non per rispetto alle volontà del Fondatore. Ma perchè la sfida di Berlusconi padre è la stessa di Marina e Pier Silvio, da anni a capo rispettivamente di Mondadori e Mediaset. Perchè loro come il Cavaliere vogliono mantenere la stabilità nelle aziende dove lavorano 20mila dipendenti distribuiti tra Segrate e Cologno. Perchè anche loro come il padre vogliono tenere compatta la famiglia e arginare qualsiasi attacco dal gruppo francese Vivendi di Vincent Bollorè. Marina e Pier Silvio si continuano a sentire. A confrontarsi sulle cose da fare. Sulle strategie del gruppo. Non c'è una trattativa con Urbano Cairo per Mondadori. «Lui ha parlato di fantatelevisione, io la chiamerei fantaeditoria», chiarisce ancora PierSilvio che alla presentazione dei palinsesti tv della rete, la prima dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi parla anche del rapporto con il padre: «La mancanza che sento è enorme devo dire la peggiore della vita; man mano che i giorni passano cresce e faccio fatica anche a parlarne. Ma adesso facciamo click e torniamo a lavorare». E la politica? «Non scendo in politica, ora non c'è emergenza. Ora c'è Meloni, con lei ho un buon rapporto. È una persona che stimo, giovane e decisa».

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