martedì 1 novembre 2016
I piccoli, più degli adulti, hanno risorse per superare lo choc dopo le grandi tragedie. "Ma occorrono gli esperti per aiutarli a mobilitarle", spiega lo psicologo della Croce Rossa, Antonio Pollio
I bambini sono una delle gravi emergenze cui gli psicologi fanno fronte

I bambini sono una delle gravi emergenze cui gli psicologi fanno fronte

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"I bambini sono dotati di grandi risorse per superare lo choc delle grandi tragedie, come un terremoto, ma occorre che psicologi esperti li aiutino a mobilitarle: se restano immobili, tutte le risorse interiori sono inutili". Antonio Pollio, psicologo della Croce Rossa Italiana, abruzzese, è di stanza a Camerino con una delle équipe della Croce Rossa che da giorni fa fronte alle esigenze della popolazione dal punto di vista psicologico. Innanzitutto tra i bambini: "I piccoli possono reagire in molti modi diversi, non esiste una regola uguale per tutti, e il lavoro dello psicologo è dare a ognuno le risposte giuste. I due estremi sono da una parte il bambino che nel terremoto vede il mostro che viene di notte, all'improvviso, e ti lascia inerme, dall'altra quello che apparentemente lo esprime in modo fintamente distaccato, magari te lo spiega come evento scientifico, con mancanza di emotività... Ovviamente sono entrambi atteggiamenti su cui occorre lavorare. E in mezzo c'è tutta una gradazione di altre modalità con cui i piccoli possono reagire".


Racconto, disegno, gioco: così si uccide il "mostro"

L'importante è che riescano a esprimere - in un modo o nell'altro, non necessariamente attraverso il racconto verbale - l'esperienza vissuta. "L'adulto ha una riformulazione linguistica del proprio vissuto, che i piccoli non hanno", continua l'esperto, dunque si può ricorrere al racconto vero e proprio, ma anche al disegno, o al gioco. E a questo sono addestrati gli psicologi della Sep, la Sezione emergenza psicologica della Croce Rossa, la cui prima mossa quando arrivano nei luoghi delle tragedie è la valutazione delle situazioni, poi delle necessità psicosociali, e infine gli interventi. "Si lavora sia sul gruppo-bambini, sia con gli adulti di riferimento - spiega Polio -, perché i piccoli crescono e si evolvono su due binari, tra i pari e nel rapporto con i grandi, soprattutto i genitori". Che però nella fattispecie sono a loro volta terremotati e bisognosi di cure: "Sono vittime anche loro, per questo il nostro lavoro è di supporto in generale, affinché trovino un modo sano, coattivo, per continuare ad essere il punto di riferimento del bambino".


Tra le scosse o negli hotel sulla costa, è la stessa battaglia

Ma che differenze ricontrano gli psicologi tra i bambini rimasti nelle zone terremotate, dunque tuttora sottoposti alla paura delle scosse, ma per lo meno ancora inseriti nel loro habitat, e quelli già sfollati negli hotel della costa, cioè al salvo ma sradicati? "Le grandi problematiche sono le stesse", risponde lo psicologo della Croce Rossa, dato che tutti devono riuscire a "riformulare le esperienze del terremoto, a esprimerle, con le parole, con il gioco o il disegno...". Nella vita tutti noi incontriamo il mondo, facciamo esperienze, e queste devono essere espresse. "Quelle belle ci viene naturale riesprimerle, ma con quelle brutte facciamo fatica: significa far riemergere rievocazioni emozionali, il tornare della paura, i vecchi fantasmi che si rimescolano con gli attuali". Tutto questo, rapportato a un bambino, può diventare montagna insormontabile. E il mostro, se non viene smascherato e ridimensionato in tempo, si ripresenterà magari anche dopo molti anni, quando il bambino non c'è più, ma le sue vecchie paure spaventano ancora l'adulto che ha preso il suo posto.





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