martedì 7 novembre 2023
Il Rapporto annuale del Centro studi per la scuola cattolica analizza il sistema di istruzione guardando alla sua capacitàdi accoglienza degli alunni con disabilità non solo fisica
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La qualità di una scuola è data anche dalla sua capacità di inclusione. E non parliamo soltanto dal punto di vista della nazionalità dei propri alunni, ma soprattutto di quelli più fragili, di coloro che hanno disabilità fisiche o di apprendimento. Proprio per questo il Centro studi per la scuola cattolica (Cssc) ha voluto dedicare il suo Rapporto annuale al tema dell’inclusione degli studenti più fragili. Si tratta del venticinquesimo Rapporto annuale, che accompagna il cammino non solo della scuola cattolica paritaria, ma l’intero sistema scolastico italiano, che dal 2000, con la legge 62, vede un unico sistema scolastico nazionale con scuole gestite dallo Stato, dagli Enti locali e dal privato sociale.

Gestori diversi, ma tutti istituti appartenenti all’unico sistema nazionale. Proprio sul tema dell’inclusione degli studenti disabili accanto al principio sancito dalla legge, si deve registrare un diverso trattamento dell’offerta allo studente. Infatti se nel sistema gestito dallo Stato l’insegnante di sostegno è a carico dello Stato stesso, non così per quelli che eventualmente operino nelle scuole paritarie (pur in presenza di un fondo non elevato nel capitolo di bilancio). Nel caso delle scuole paritarie, la spesa ricade sulla scuola e sulla famiglia, in particolare per quelle i cui figli abbiano una disabilità motoria o fisica. Burocraticamente si chiama “disabilità certificata” e comporta appunto la presenza di un docente di sostegno: nelle scuole statali vi sono più di 300mila studenti (più del 4% degli iscritti) con questa certificazione, seguiti da circa 200mila docenti. Nelle paritarie la percentuale scende all’1,9% del totale (che in termini assoluti corrisponde a 10.127 ragazzi e ragazze), con punto del 2,5% nella scuola primaria e il 2,4% nelle medie.

Decisamente rovesciato, invece, il confronto se consideriamo altri tipi di disabilità: i disturbi specifici di apprendimento (Dsa) e gli studenti con bisogni educativi speciali (Bes). In questi due casi si devono mettere in moto attenzioni educative di tutti i docenti della classe. In questo caso è lo stile educativo della scuola a fare la differenza. Anche per questo le percentuali crescono proprio nelle scuole cattoliche e paritarie.

Il Rapporto prende in considerazione i dati dell’anno scolastico 2020/21: i casi di Dsa nelle medie e nelle superiori statali erano in entrambi i casi il 6,3%, mentre nelle medie paritarie erano il 9,6% e nelle superiori il 10,3%. Segno che le famiglie che hanno figli e figlie con problemi di apprendimento vedono nelle scuole paritarie cattoliche uno stile educativo migliore per affrontare questi tipi di fragilità.

«La sfida dell’inclusione – commenta Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico del Cssc – è l’occasione per ripensare la nostra idea di scuola e ricostruirla su basi nuove» abbandonando progressivamente «l’idea della scuola-apparato, in cui la dimensione burocratica e organizzativa prevale su quella educativa» che dovrebbe porre al centro proprio lo studente con le sue potenzialità e fragilità.

Si parla, dunque, di una «scuola della personalizzazione, che non è una forma di didattica differenziata, come invece può essere l’individualizzazione, perché l’eventuale differenziazione riguarda tutti gli alunni – disabili, normodotati, con fragilità – e dunque realizza una vera scuola inclusiva».

Un traguardo ambizioso, ma non impossibile come dimostrano alcune buone pratiche che diverse scuola paritarie hanno messo in campo e vengono raccontate nel Rapporto 2023, che oggi alle 17 sul canale Youtube della Cei verrà illustrato ufficialmente alla presenza, tra gli altri, del presidente della Commissione episcopale per la scuola il vescovo Claudio Giuliodori, del professor Cicatelli e di suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale Cei per la pastorale delle persone con disabilità.

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