sabato 18 aprile 2009
Richiamo del Quirinale all’indomani dell’approvazione del provvedimento sugli incentivi modificato in Parlamento con l’introduzione delle quote latte. Il capo dello Stato avverte: non si deve più intervenire con maxi emendamenti, potrei rinviare quei testi.
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Stop ai decreti legge modificati nel loro iter parlamentare con maxi-emendamenti che am­pliano il testo originariamente ela­borato dal Governo, soprattutto per­ché tolgono al capo dello Stato la possibilità di svolgere il suo ruolo di controllo. È questo il richiamo al centro di una lettera che il presi­dente della Repubblica Giorgio Na­politano ha inviato al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al mi­nistro dell’Economia Giulio Tre­monti, ai presidenti del Senato, Re­nato Schifani, e della Camera, Gian­franco Fini il 9 aprile scorso. Una missiva spedita all’indomani del­l’approvazione del cosiddetto 'de­creto incentivi', ampiamente mo­dificato dal Parlamento inglobando anche le 'quote latte'. Un cambiamento che ha portato a un aumento delle norme con note­voli ricadute anche sul piano eco­nomico- finanziario. Il tutto a poche ore dalla scadenza del termine uti­le per la conversione in legge. Di qui il disappunto di Napolitano, che a­vrebbe quindi deciso di mettere ne­ro su bianco i suoi rilievi, sottoli­neando anche il ruolo di garanzia che la Costituzione gli assegna. Vi­ste le indiscrezioni sulla lettera il Quirinale diffonde anche con una nota le sue precisazioni. Si sottolinea che «la lettera riprendeva osserva­zioni già sottoposte fin dalla scorsa legislatura all’attenzione dei Presi­denti delle Camere e del Governo sulla necessità che la emendabilità dei decreti-legge nel corso dell’iter di conversione si mantenga rigorosa­mente nei limiti imposti dalla natu- ra straordinaria della fonte prevista dall’articolo 77 della Costituzione». Inoltre si puntualizza che «sotto­porre al Presidente della Repubbli­ca per la promulgazione, in prossi­mità della scadenza del termine co­stituzionalmente previsto, una leg­ge che converte un decreto-legge notevolmente diverso da quello a suo tempo emanato, non gli con­sente l’ulteriore, pieno esercizio dei poteri di garanzia che la Costituzio­ne gli affida». Comunque il Governo avrebbe regi­strato con sollievo la decisione di Na­politano di firmare il decreto e quin­di accolto come utili i suggerimenti della missiva, pur sottolineando co­me il ricorso alla decretazione d’ur­genza, nell’attuale sistema istituzio­nale, rappresenti uno strumento in­dispensabile. Finora però non è sta­ta inviata nessuna lettera di rispo­sta. «Non si è mai visto che chi rice­ve una lettera, la interpreti», rispon­de Gianfranco Fini ai giornalisti che gli chiedono una valutazione. «È da­tata 9 aprile e oggi è il 17 aprile: se non ne ho parlato finora, perché do­vrei parlarne adesso?», insiste il pre­sidente della Camera. Massimo Donadi dell’Idv si dice «d’accordo» con il contenuto della lettera: «Il governo ed il centrodestra ascoltino il richiamo di Napolitano e rispettino il ruolo e le prerogative del Parlamento e del Capo dello Sta­to». Marina Sereni del Pd ritiene la lettera «molto importante», mentre parla di un richiamo «quantomai opportuno» Anna Finocchiaro. E l’Udc, dice Michele Vietti, «si augu­ra che il monito del presidente sia accolto da tutti con spirito di colla­borazione istituzionale per il miglior rispetto dell’equilibrio tra i poteri». Replica indirettamente Fabrizio Cic­chitto, capogruppo del Pdl alla Ca­mera: «La via maestra per dare una risposta costruttiva ai problemi po­sti dal presidente della Repubblica è quella della riforma dei regolamen­ti delle due Camere perchè, in caso diverso, ci si trova davanti ad una lentocrazia che viene inevitabil­mente affrontata, da qualunque go­verno, con i decreti e i voti di fiducia».
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