lunedì 1 dicembre 2014
Un adolescente su 5 frequenta sale da gioco. Il cardinale Sepe annuncia la nascita di un centro di aiuto per chi soffre di dipendenze legate al gioco
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La diocesi contro l’azzardopatia, come ha proposto di chiamarla l’arcivescovo Crescenzio Sepe: «Perché giocare è piacevole, invece qui si tratta di una patologia». Il cardinale ha annunciato la nascita di un centro di aiuto per chi soffre di dipendenze legate al gioco d’azzardo. La struttura, presso la sede della Caritas, «sarà uno sportello di ascolto, aiuto e sostegno». Nel corso del convegno diocesano La vita in gioco, promosso dalle aggregazioni laicali e dall’associazione Scienza e vita, sono stati presentati dati allarmanti: in Italia la spesa pro capite per il gioco è 1260 euro, a Napoli è pari a 207 euro solo per lotto e superenalotto. «Non vogliamo sostituirci a nessuno – ha chiarito Sepe – mettiamo in campo le nostre risorse per operare per il bene comune». Fare rete per sconfiggere un fenomeno che in Campania chiama in causa soprattutto i giovani. «Il 20 per cento degli adolescenti, di età compresa tra i 10 e i 17 anni frequenta le sale da gioco – ha denunciato Luisa Franzese, direttore scolastico regionale – e i bambini tra i 7 e i 9 anni spendono la paghetta settimanale in gratta e vinci. Ma il pericolo è tra le mura domestiche, dove i ragazzini sono lasciati soli davanti ai computer. La scuola non può farcela da sola, occorre la collaborazione delle famiglie e della parrocchia». Il giocatore tipo delineato dall’accurata indagine di Riccardo Vizzino, presidente dell’associazione "Il Dado", lascia perplessi: giovane, single, disoccupato. Solitudini che trovano come interlocutore la strada e come miraggio il guadagno in 106 sale e 2.115 esercizi commerciali a Napoli. In Campania i numeri non rassicurano: 16.989 locali e 1.140 strutture dedicate, contro i 23.656 locali presenti in Lombardia e le 1.011 strutture presenti. «E le donne over 45 – ha spiegato Vizzino – sono in numero superiore rispetto a tutta Italia: la cifra di chi ha puntato almeno una volta si è raddoppiata». Le casalinghe spendono i soldi della spesa in "gratta e vinci", gioco preferito dopo lotto e superenalotto. Tutto ciò ha solleticato gli appetiti della camorra, come ha denunciato il giornalista di Avvenire Toni Mira che, citando le indagini della magistratura, ha evidenziato come il gioco d’azzardo, legale e illegale, «sia divenuto il più grosso affare dei clan». Alla base di tutto, secondo monsignor Mario Cinti, vicario episcopale per i laici, «la solitudine dei più fragili, delle nostre "periferie" che vanno sostenute». Perciò, le aggregazioni laicali chiedono azioni concrete. «Dall’incremento della formazione – ha sottolineato il presidente di "Scienza e vita" di Napoli, Antonio Palma – alla mobilitazione dell’opinione pubblica perché stimoli le istituzioni ad agire». Come l’osservatorio regionale deliberato dalla Regione Campania, ma in attesa di essere attivato. «In cantiere - ha aggiunto il presidente del Consiglio regionale Pietro Foglia – c’è ancora l’istituzione del marchio "Slot free" per gli esercenti virtuosi, oltre all’esposizione di cartelli informativi». Concordi le aggregazioni laicali a chiedere una comunicazione meno ingannevole. «Colori caldi, numeri con tanti zero inducono speranze vane – ha spiegato la direttrice dell’ufficio diocesano Maria Pia Condurro – e poi servono modifiche all’articolo 415 del codice civile perché anche gli azzardopatici siano inabilitati come chi usa alcool o droga».
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