Individuato il gene responsabile della Sla familiare e sporadica. La notizia è stata resa nota ieri dai ricercatori del centro Sla delle Molinette di Torino, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Università di Cagliari, che, lavorando con un gruppo del laboratorio di neurogenetica del National institute of health di Bethesda, negli Usa, hanno analizzato su 268 casi familiari di Sla americani, tedeschi e italiani e 402 casi familiari e sporadici di Sla finlandesi e sono arrivati a questo importante passo. Che, occorre dirlo con chiarezza, non porterà alla sconfitta immediata della malattia, ma di è di certo un importante passo avanti. Era da circa dieci anni che i laboratori di tutto il mondo stavano tentando di identificare il gene di cui era nota solo la localizzazione a livello del cromosoma 9. Lo studio è stato pubblicato dopo appena due settimane sulla rivista «Neuron».
La Sla in Italia colpisce circa 5000 persone e secondo questo studio, finanziato per la parte italiana dalla Federazione italiana gioco calcio (Figc), dalla Fondazione Vialli e Mauro per la Sla e dal ministero della Salute, il 38% dei casi familiari e circa il 20% dei casi sporadici erano portatori di un’alterazione di uno specifico gene (lo c9orf72). Questa scoperta, hanno spiegato i ricercatori, rappresenta un importante progresso verso l’identificazione della causa della Sla e della sua terapia, soprattutto perché permette di spiegare la causa della Sla in un’elevata percentuale di casi familiari e sporadici. «Pur non essendo ancora noti i dettagli, la scoperta di alterazioni del gene c9orf72 potrebbe rappresentare un passo in avanti per la conoscenza delle cause della sclerosi laterale amiotrofica – commenta Giulio Pompilio, direttore scientifico di Arisla, l’agenzia di ricerca italiana sulla Sla – poiché coinvolge un elevato numero di pazienti affetti da Sla sporadica ed ereditaria».
Tra i progetti più innovativi degli otto finanziati da Arilsla, che martedì sarà a convengo a Milano per presentarli, c’è quello del dipartimento di Scienze neurologiche del Policlinico di Milano dove da questa estate si sta conducendo uno studio complesso, della durata di tre anni, che vuole tentare di «ringiovanire» le cellule staminali per combattere la Sla; 263mila euro il finanziamento Arisla. Lo porta avanti Giulio Comi, vice direttore del centro per le malattie neuromuscolari e neurodegenerative «Dino Ferrari» di Milano e professore associato di neurologia, sempre a Milano. «Punto di partenza – spiega Comi – sono le cellule staminali pluripotenti indotte, ovvero cellule adulte che vengono riprogrammate in una sorta di processo all’indietro allo stato embrionale. Questo ci consente ovviamente di superare i limiti etici».
Due gli obiettivi della ricerca: «Da una parte studiare in laboratorio il processo degenerativo del motoneurone nella Sla. L’uso di staminali pluripotenti indotte permetterà infatti di ricreare in laboratorio i motoneuroni malati prelevandoli direttamente da pazienti affetti da Sla. In questo modo sarà possibile studiare per la prima volta in laboratorio cosa succede alle cellule sofferenti nella Sla. Dall’altra vogliamo valutare se questo tipo di staminali siano in grado di aiutare la sopravvivenza dei motoneuroni del paziente».