venerdì 15 maggio 2009
Il via libera al provvedimento passa con 297 sì, 255 no e 3 astenuti Berlusconi: basta frontiere spalancate, dovevamo mandare un segnale Reato di clandestinità.
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Quando Dario Franceschini accusa il governo di «avere impedito i matrimoni tra immigrati irregolari» e di «avere reso impossibile l’iscrizione all’anagrafe» dei figli dei clandestini, Roberto Maroni non si trattiene più: «Basta falsità! Basta falsità!», grida. Sui banchi del governo alla Camera, il ministro dell’Interno si sbraccia all’indirizzo del segretario del Pd, che poco prima ha paragonato agli squadristi in camicia nera le 'ronde' cittadine consentite dal disegno di legge in materia di sicurezza. Accanto a lui, il premier Silvio Berlusconi cerca di calmarlo. Rosy Bindi, presidente di turno, lo richiama a «un atteggiamento consono». È il momento di maggiore tensione della mattinata di ieri a Montecitorio, che alla fine approva il ddl (dove, tra l’altro, trova posto il reato di immigrazione clandestina) con 297 voti favorevoli, 255 contrari e 3 astenuti. Ora il testo va al Senato, dove l’atmosfera si preannuncia altrettanto infuocata. «Sono soddisfatto, si tratta di una legge assolutamente necessaria – dice Berlusconi appena esce dall’Aula – perché dobbiamo affrontare questi problemi con buon senso e con senso della giustizia, ma anche con determinazione. Non potevamo lasciare che la situazione fosse quella voluta dalla sinistra, con le frontiere spalancate. Dovevamo mandare un segnale». E il segnale è partito. Ma ciascuno lo interpreta secondo i propri canoni. I giudizi dei partiti d’opposizione sono pessimi, talvolta 'pesanti' anche dal punto di vista storico. S’è detto del fascismo evocato da Franceschini. Antonio Di Pietro non poteva essere da meno. «Questo governo vuole trasformare il nostro in un Paese dell’intolleranza, fascista, razzista, xenofobo, piduista», incalza l’ex-pubblico ministero fondatore dell’Italia dei valori. In precedenza Daniela Melchiorre (Liberaldemocratici) aveva scomodato «l’autorizzazione che il Reichstag diede al governo nazista nel 1933». Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, invece, pur contestando all’esecutivo «di aver fatto un provvedimento più pensando alla campagna elettorale che alla sicurezza degli italiani», si dissocia «da chi agli slogan del governo reagisce con altri slogan». Polemico, sui parallelismi, il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, che dopo aver respinto ai mittenti le accuse di razzismo e discriminazione, ricorda la tragedia del Canale di Otranto del marzo 1997: 100 albanesi morti durante un tentativo di respingimento di un’imbarcazione diretta in Italia. Allora il Paese era guidato dal centrosinistra: se «un tale incidente» fosse capitato a questo governo – sostiene Cicchitto, rivolgendosi ai colleghi del Pd e dell’Idv – «lo avreste dipinto come presieduto da Hitler o da Himmler...». La Lega, invece, incarta il risultato e lo porta a casa esultante: «È una promessa mantenuta con gli elettori», sottolinea il capogruppo Roberto Cota, pensando alle elezioni europee e amministrative del prossimo mese. Anche Maroni, sbollita la rabbia, torna sereno: «Vado a festeggiare, spero che il Senato approvi definitivamente il ddl entro maggio». Poi ancora un pensiero alle critiche ricevute: «Si sono dette cose infondate, bisogna leggere il ddl e allora tanti pregiudizi cadranno». Stoccata finale: «Dalla sinistra sono venuti solo odio, pregiudizi e falsità. Non un parola sulle norme antimafia contenute nel ddl. Ci sarebbe da pensare che sono collusi...».
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