giovedì 14 maggio 2009
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Non 'anagrafabili': brutto ter­mine, ma ancor più brutta la condizione che ne deriva. Il professore Paolo Bonetti, costituzionalista dell’università Milano-Bicocca, non lesina critiche. «Il divieto di espulsione previsto» dalla Bossi-Fini «per la donna incinta o per la puerpera (e per il marito con essa convivente) che consente loro di ottenere un permesso di soggiorno non è esaustivo, poiché il permesso può essere rilasciato soltanto se lo straniero dispone di un valido documento di viaggio, come il passaporto». Che spesso viene tolto dai trafficanti al momento della partenza per l’Italia. Ma senza permesso di soggiorno la donna resterà clandestina e non potrà registrare il figlio. Per il docente, dunque, quella attuale è una norma «incostituzionale» in particolare per «violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l’infanzia e la gioventù». Invece, sostiene Bonetti, i minori che in conseguenza di tale situazione «non saranno registrati alla nascita resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità, e dunque esposti a ogni violazione di quei diritti fondamentali che, ai sensi della Convenzione Onu devono essere riconosciuti a ogni minore». La norma non piace agli avvocati che quotidianamente si occupano di tutela degli immigrati anche minori. «Il principio fondamentale della nostra civiltà – dice Giuseppe Barbaro, av­vocato e vicepresidente del Forum delle Famiglie – è quello dell’accoglienza, quindi riconoscere tutti i di­ritti compatibili alle persone che ven­gono nel nostro Paese». Naturalmente accoglienza non significa senza limiti: «Ovviamente – aggiunge – bisogna stabilire delle regole perché, come tutti gli altri cittadini, devono sottostare alle norme che una nazione stabilisce, ma queste norme discriminanti sono inaccettabili soprattutto se riferite a minori». Distingue tra interculturalità e multiculturalità, «nel senso che ciascuno ha diritto di mantenere la propria storia e le proprie tradizioni armonizzandole in un concetto di fraternità universale con la cultura delle persone del Paese in cui vanno. Il rischio che i bambini non possano essere 'anagrafati' – conclude – mi pare assurdo. Nel momento in cui una persona risiede nel territorio va denunciato all’anagrafe anche nell’interesse generale di ordine pubblico. Come si fa a garantire diritti dei minori se non sappiamo dove questi si trovano e a chi sono affidati?» Anche l’avvocato Caterina Boca parla di incostituzionalità: «Perché – spiega – è come impedire a una persona di avere un’identità. Non poterlo iscrivere all’anagrafe significa impedirgli di esistere. Alla base c’è una violazione fondamentale dell’uomo. Si impedisce a una persona di essere tale, con tutte le conseguenze relative alla tutela e alla sua protezione». Fa notare anche lei che per l’attuale norma «la donna immigrata, anche se irregolare, può avere un permesso di soggiorno per i nove mesi di gravidanza e poi per i successivi sei, perché il bambino deve essere tutelato. La donna sta sul territorio serenamente e si possono avviare per il bambino tutte le procedure, ad esempio di vaccinazione ». Ma ora, aggiunge, «non potendolo iscrivere alla nascita, quindi, non solo il bambino non esiste, ma gli viene impedito di usufruire di servizi che sono necessari per vivere».
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