Sono tante le persone che non possono permettersi di comprare una casa o di affittarla ai prezzi attuali - Ansa
Una moratoria di sei mesi per gli oltre 4mila sfratti esecutivi a Roma e l’istituzione di un Tavolo di confronto e conciliazione presso la Prefettura. È l’appello urgente che fa la Caritas diocesana, avanzando anche sei precise richieste, alla vigilia della breve sospensione temporanea, che scade oggi, dell’esecuzione dei provvedimenti disposta dal prefetto su richiesta dell’amministrazione di Roma Capitale. Un dramma, quello della casa, denunciato invano da anni dalla Caritas che nei propri centri raccoglie storie di famiglie a rischio di finire per strada. Ma ora siamo davvero sull’orlo del baratro.
«C’è un’assuefazione a certe ferite della città come gli sfratti per morosità, la mancanza di un tetto o di un lavoro dignitoso che colpiscono soprattutto i poveri e gli ultimi e che come Chiesa occorre contrastare con coraggio, con i fatti e nella verità, ispirandoci al Vangelo», ci spiega il direttore della Caritas, Giustino Trincia. Così di fronte a «una situazione che rischia di penalizzare soprattutto le persone e le famiglie più fragili, già duramente colpite dalla crisi economico-sociale causata dalla pandemia», la Caritas oltre alla moratoria propone sei misure non solo di emergenza «nel contesto di un problema molto più vasto e complesso, quello dell’abitare, con legittime aspettative che provengono da più ambiti e disattese da troppi anni».
La prima è un piano straordinario da attuare rapidamente per sbloccare prima possibile i bonus affitti, finanziati da tempo e già a disposizione di Roma Capitale, in modo da consentire agli inquilini con morosità di saldare almeno una parte del debito ai proprietari e per accedere all’ultimo finanziamento regionale di 12 milioni di euro.
Fondi che esistono ma incredibilmente non utilizzati. Anche la seconda misura riguarda inaccettabili ritardi, ed è velocizzare al massimo l’assegnazione delle case popolari. Infatti nella Capitale, «a fronte di un patrimonio pubblico di 46mila alloggi di proprietà regionale e di 28mila di proprietà comunale, ogni anno si liberano tra i 600 e i 700 appartamenti che, se assegnati rapidamente, consentirebbero a molte famiglie di uscire dall’emergenza».
C’è poi una misura che riguarda i proprietari degli immobili, ed è quella di «sollecitare il Governo a un provvedimento per sospendere all’apertura della procedura di sfratto per morosità, il pagamento della cedolare secca (Irpef del 10%) e dell’Imu, ai proprietari di appartamenti che non incassano il regolare pagamento del rispettivo canone di locazione e non aspettare i relativi conguagli con l’Agenzia delle Entrate». È inoltre necessario «rivedere le procedure per l’utilizzo delle Forze di Polizia nell’esecuzione degli sfratti».
In particolare «prevedendo preventivamente il parere degli assistenti sociali dei servizi di Roma Capitale, per far emergere le situazioni delle singole famiglie interessate al provvedimento di sfratto per una morosità dovuta a lutto, grave malattia o disabilità, con conseguente riduzione del reddito». E questo, sottolinea la Caritas, «permetterebbe almeno di graduare nel tempo l’esecuzione degli stessi sfratti».
Con finalità analoghe c’è poi la proposta di «riservare, con procedure d’urgenza, una quota degli alloggi pubblici disponibili da assegnare all’emergenza, per gli sfrattati delle fasce di popolazione particolarmente fragili (donne sole con bambini, famiglie numerose, famiglie prive di reddito, famiglie con persone gravemente malate o disabili), prevedendo il passaggio da casa a casa». Infine «promuovere accordi volontari di locazione di durata biennale, con garanzia di rilascio alla scadenza degli appartamenti, sottoscritta di fronte a enti pubblici o fondazioni private e di rilevanza sociale».