sabato 11 maggio 2019
Migliaia dall'Italia e dal mondo, duecento volontari. Nei «Dialoghi con la città» tanti testimoni, tra cui il direttore di Avvenire, in ascolto delle domande dei giovani
Un momento della veglia di preghiera nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Bergamo, che venerdì sera ha aperto l'Appuntamento dei Giovani della Pace (foto Sermig / Andrea Pellegrini)

Un momento della veglia di preghiera nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Bergamo, che venerdì sera ha aperto l'Appuntamento dei Giovani della Pace (foto Sermig / Andrea Pellegrini)

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In piazza, tante voci si stanno unendo per un unico grido: «Basta guerre, facciamo la pace». E Bergamo, terra di papa Giovanni, per un giorno è capitale della pace, grazie al sesto Appuntamento internazionale dei Giovani della Pace organizzato dal Sermig.

Sono in migliaia e arrivano da tutta Italia e anche dal resto del mondo; duecento circa i volontari, soprattutto giovani: «Una testimonianza che è possibile costruire la pace – aveva spiegato l’organizzazione presentando l’evento -. Un pomeriggio di speranza con al centro le storie dai conflitti di ieri e di oggi, i progetti di bene dei giovani, la musica del Laboratorio del Suono, i volti e le voci del mondo». Alle 15, anticipata dalla “marcia di Felicizia” dedicata ai bambini, in piazza Vittorio Veneto si apre la manifestazione vera e propria: oltre a Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, sul palco si alterneranno testimoni, rappresentanti delle istituzioni e della società civile.

Nei «Dialoghi in città» le domande dei giovani

Questa mattina, dopo la veglia di preghiera di silenzio e preghiera di ieri, Bergamo ha inoltre ospitato i “Dialoghi in città”: in diversi luoghi simbolici, tanti testimoni si sono messi in ascolto delle domande dei giovani, rispondendo con esempi concreti. Tanti i temi: dalla lotta alla droga alla resistenza nella Terra dei fuochi, dai conflitti alla speranza.

A Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, nella cornice della chiesa di San Bartolomeo, i giovani hanno chiesto soprattutto le indicazioni per decifrare la realtà ai tempi delle fake news: «Informarsi vuol dire conoscere e sapere ciò che accade, e conoscerlo in profondità. Non bisogna limitarsi alla “buccia” – è la metafora utilizzata dal direttore -, che spesso è un ingannevole involucro messo attorno alla verità dei fatti. Le informazioni vanno verificate: la vera informazione porta con sé la fatica di verificare le cose. E capire come davvero stanno le cose ci porta nella direzione giusta: le ingiustizie finiscono quando le vediamo».

Di disarmo, invece, si è parlato nel dialogo tra Nello Scavo, inviato di Avvenire, e Vito Alfieri, ex produttore di mine che ha chiuso l’azienda di famiglia per diventare sminatore nei Balcani.

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