mercoledì 22 giugno 2011
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IL PROGRAMMA Cinque giorni di lavori, una ventina di relatori, centinaia di delegati provenienti da quasi tutte le diocesi italiane. Ma, al di là dei numeri, la Settimana di formazione dell’Ufficio Cei per la pastorale familiare che prende il via oggi a Salsomaggiore suscita particolari aspettative per il tema che affronta. Si parlerà infatti di separati e divorziati risposati, entrando nel vivo di un’emergenza che coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di coniugi.Ad aprire i lavori nel pomeriggio sarà il direttore dell’Ufficio Cei, don Paolo Gentili, con i collaboratori nazionali Tommaso e Giulia Cioncolini. Seguirà la relazione del teologo monsignor Carlo Rocchetta. Domani altri tre approfondimenti. Il primo di taglio pastorale (monsignor Livio Melina), il secondo antropologico (Ina Siviglia), il terzo teologico (padre Innocenzo Gargano). Venerdì sarà la volta dei laboratori – sono previste quattro aree tematiche per un totale di dodici approfondimenti – oltre a una relazione di taglio psicologico (Raffaella Iafrate) e alla presentazione di un’esperienza (don Stefano Salucci con Piero e Paola Pierattini), Sabato mattina il dibattito moderato dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con gli esperti che hanno coordinato i laboratori. Domenica altre esperienze e le conclusioni della Settimana.Sollecitare le comunità cristiane all’incontro e all’accoglienza con le nuove povertà, di cui i separati rappresentano ormai una percentuale non irrilevante. Ma, allo stesso tempo, indagare l’incapacità di amare nella fedeltà che oggi sembra un dato culturale purtroppo consolidato e trasversale. Sono i due filoni dell’appuntamento in programma da oggi a Salsomaggiore. «Un incontro – spiega don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia – che non indagherà quindi soltanto gli aspetti teologico-pastorali dell’indissolubilità ma andrà inevitabilmente ad intercettare tendenze e scelte di vita, situazioni concrete e sollecitazioni anche mediatiche».Parlare di emergenza educativa, in questo caso, non è un luogo comune ma delinea un impegno di drammatica urgenza.Credo che separazioni e divorzi siano la punta di un iceberg, il segnale di una tendenza che ormai si è allargata a macchia d’olio nella società e che, ancora una volta, è frutto del relativismo imperante. Ecco perché speriamo che da questo convegno arrivino indicazioni nuove anche per impostare i percorsi di preparazione al matrimonio che andrebbero rafforzati e orientati in modo diverso.Poi però occorre accompagnare le coppie nei primi anni di matrimonio, e anche dopo. Le statistiche delle separazioni indicano un aumento proprio in quella fascia d’età, dai 45 ai 65 anni, che sembravano al riparo da pericoli...Sì, sembra proprio che la scelta definitiva in quanto tale sia entrata in rotta di collisione con la mentalità corrente. Spesso diciamo che il «per sempre» è inaccettabile dalla maggior parte dei giovani, ma ci stiamo accorgendo come anche non pochi adulti finiscano, non si sa quanto consapevolmente, per rimanere contagiati da questa mentalità. Credo davvero che il problema delle separazioni e dei divorzi vada affrontato con uno sguardo più ampio.Quanto pesano ritmi di vita, difficoltà di conciliare tempi del lavoro e tempi della famiglia, assenza di reti parentali capaci di sostenere la coppia nei momenti di maggior tensione?Tantissimo, ne sono convinto. Ecco perché non possiamo evitare di leggere separazioni e divorzi alla luce del contesto culturale e sociale in cui tutti siamo immersi. Riaffermare la centralità dei valori non negoziabili significa anche cercare di capire come e perché quei valori sono entrati in crisi. E poi adoperarsi per rimuovere le cause che hanno innescato il corto circuito. Sullo sfondo c’è anche l’esigenza di approfondire una riflessione teologica che forse fatica ad intercettare la complessità di questa situazione.Papa Ratzinger aveva messo in luce questa esigenza già all’inizio del suo pontificato, il 24 luglio 2005, parlando con alcuni parroci della diocesi di Aosta. Siamo tutti convinti che occorra un approfondimento importante sull’indissolubilità del matrimonio. Anche per motivare la dolorosa esclusione dell’accesso ai sacramenti per coloro che hanno scelto una nuova unione.Ci sono sacerdoti che su questo punto, pur non mettendo in discussione i principi, rivendicano il primato della coscienza e adottano scelte all’apparenza contraddittorie.Questo convegno è stato organizzato anche per fare chiarezza, allontanare i rischi di confusione e arrivare a prassi condivise e valide per tutti. Nello specifico dell’indissolubilità, non ci può essere un sacramento del matrimonio, infranto nella prassi da una parte, e che quindi non manifesta più in pieno la presenza di Cristo, e dall’altra l’unione con la comunione eucaristica, che è presenza totale e reale di Cristo.Ma questa verità teologica come si concilia con il dovere, altrettanto fondamentale, dell’accoglienza concreta e della carità?Dobbiamo costruire comunità cristiane che sappiano accompagnare la famiglia ferita con il balsamo della Parola di Dio, educare chi vive le separazioni illuminando orizzonti possibili di vita buona del Vangelo. E poi occorre una tenerezza particolare verso i figli coinvolti nella disgregazione delle famiglie che vivono situazioni di sofferenza. Nei loro confronti l’impegno educativo si deve conciliare con l’affettuosa maternità della Chiesa.
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