venerdì 20 gennaio 2023
Cittadinanzattiva: a rischio le aree interne di 9 regioni; un’impresa trovare un ginecologo ospedaliero a Caltanissetta, un pediatra di famiglia ad Asti o un cardiologo a Bolzano
Una dottoressa al lavoro

Una dottoressa al lavoro - .

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A nessuno, sprovvisto di pazienza, venga in mente di mettersi sulle tracce di un ginecologo ospedaliero a Caltanissetta: perché se ne conta uno ogni 40.565 donne. Una differenza abissale con Roma: uno per 2.292. Situazione difficile anche per chi cerca un pediatra di famiglia nell’Astigiano: ogni professionista segue infatti 1.813 bambini a fronte di una media nazionale di 1.061. E non va meglio a chi cerca un cardiologo ospedaliero in provincia di Bolzano, impresa tutt’altro che semplice.

Medici e infermieri, un po’ come i farmaci in questo periodo, sono merce assai rara. Ancora di più nelle aree interne del Paese, evidenzia l’ultimo Report di Cittadinanzattiva: 4.261 Comuni coinvolti per oltre 13,5 milioni di abitanti, dai piccoli centri dell’Appenino a quelli della costa calabrese, fino all’entroterra sardo e ligure. Aree in cui si concentrerà solo il 16-17% di case e ospedali di comunità, e che vanno incontro a una sorta di “desertificazione sanitaria”.

Più in generale, il Paese sconta molte cause: numero chiuso nelle facoltà di Medicina, limitatezza delle borse di studio per le scuole di specializzazione, innalzamento dell’età media dei camici bianchi, perdita di attrattività della professione - stressante oltre misura e mal retribuita, dicono i sindacati -, errori strategici compiuti nei decenni passati caratterizzati da tagli corposi, la pandemia. Insomma, l’Italia non se la passa bene proprio mentre la domanda di salute sale, a causa dell’invecchiamento della popolazione e della conseguente insorgenza di patologie, in gran parte croniche, e di un ancora limitato ricorso alla telemedicina e all’assistenza domiciliare, che potrebbero arginare l’emergenza. Su quest’ultimo punto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, è chiaro: anche grazie al Pnrr, entro il 30 giugno 2026, dovremo allinearci alle migliori pratiche europee, aumentando «il volume delle prestazioni in assistenza domiciliare, fino a prendere in carico il 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni, rispetto all’attuale 5%».

Ma torniamo al Report di Cittadinanzattiva, che ha utilizzato dati ufficiali del ministero della Salute (2020), nell’ambito del progetto europeo “Action for health and Equity: addressing medical deserts”. Sono 39 le province più in sofferenza, e si concentrano in 9 regioni: Lombardia (Milano compresa), Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Veneto, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Lazio.
«Mancano dati aggiornati sulla carenza di personale sanitario - afferma Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva - e questo non agevola la programmazione. Le riforme previste dal Pnrr potranno avere effetti se all'investimento su case e ospedali di comunità si affiancherà un adeguato investimento sul personale». Per una volta «il sud non sta peggio del nord - dichiara Sabrina Lucatelli, direttrice di “Riabitare l’Italia”, già coordinatore del Comitato tecnico di Strategia nazionale per le Aree interne (Snai) -. Il riparto del Fondo sanitario nazionale deve tener conto della povertà sanitaria dei territori. E servirebbero Livelli essenziali di assistenza in grado di misurare pure la qualità delle cure territoriali».

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