
L'incontro al Senato promosso dal dem Paolo Ciani di Demos - A.Picariello
«La clemenza non è una brutta parola, non è buonismo, ma è funzionale all’esigenza della sicurezza molto più di un modello basato sull’implacabilità della giustizia». All’incontro “Diritto e clemenza. Che fare per il carcere?” nella sala capitolare del Senato del chiostro di Santa Maria sopra Minerva, la riflessione del cardinale Matteo Zuppi richiama tutti, non solo la politica, a fare di più, molto di più, per un’emergenza che interroga la società italiana. Sono stati 91 i suicidi fra i detenuti lo scorso anno, ma ben 1500 i tentativi, spia di un malessere diffuso, preoccupante e crescente. «Facciamo molto poco – prosegue il cardinale, citando dati della diocesi di Bologna – un terzo dei detenuti potrebbe uscire per lavorare se solo trovasse un domicilio a cui poter fare riferimento». Zuppi ricorda il titolo di un incontro tenutosi al Cnel di recente, con un titolo ambizioso (“Recidiva zero”): una prospettiva, attingendo alle statistiche, che va ricollegata alla possibilità di offrire a tutti un’alternativa alla pena detentiva. «Invece cresce il problema della malattia psichiatrica, fa riflettere che gran parte dei suicidi riguardi persone giovani o vicine al fine pena», prosegue Zuppi, a conferma di un’assenza di prospettive che si registra negli istituti di pena, contraddicendo il dettato costituzionale e l’obiettivo del reinserimento che la pena dovrebbe avere.
Il dato di partenza che rende tutto più complicato è quello del sovraffollamento, calcolato attualmente nella misura del 34% della capienza massima tollerabile. Zuppi si augura che venga presa in esame sul serio la proposta di un gesto di clemenza che era stata avanzata da papa Francesco in occasione del Giubileo.
All’incontro, promosso dal deputato del Pd Paolo Ciani, di Demos, su iniziativa di Luigi Manconi, presidente dell’associazione A buon diritto, e di Stefano Anastasia, garante dei detenuti di Lazio e Umbria, è stato quest’ultimo a dettagliare una proposta scaturita dall’appello del 18 ottobre scorso (sottoscritto, fra gli altri, dal costituzionalista Michele Ainis, dal magistrato Gherardo Colombo, da monsignor Vincenzo Paglia, dai giornalisti Mattia Feltri, Gaia Tortora e Daria Bignardi, dalla scrittrice Dacia Maraini, dall’attore Alessandro Bergonzoni, dal sindaco di Benevento Clemente Mastella, dalla radicale Rita Bernardini, per citare solo alcuni nomi): «Si tratterebbe – spiega Anastasia – di dar vita a un indulto che elimini le pene o i residui di pena inferiori a 2 anni, che sarebbe in grado di liberare circa 16.500 detenuti, pari – grosso modo – al numero di reclusi che eccede attualmente la capienza massima». A garanzia della sicurezza viene anche prevista la revoca del beneficio nel caso ci si renda colpevoli nei 5 anni successivi di un reato punito con almeno 2 anni.
«La modifica dell’articolo 79, concepita in piena era Tangentopoli sull’onda giustizialista, richiede per l’adozione di una misura di questo tipo una maggioranza “dolomitica”, difficilissima da scalare, pari ai due terzi. Paradossalmente è più facile cambiare l’articolo della Costituzione che adottare un provvedimento di clemenza», lamenta Andrea Pugiotto, ordinario di Diritto costituzionale a Ferrara. «Ma, contrariamente a quel che si sostiene, l’ultima volta che una misura di questo tipo fu adottata, nel 2006, grazie a un accordo fra Prodi e Berlusconi, i risultati furono positivi, con una recidiva pari al 37% mentre chi conclude in carcere la sua pena per intero mediamente cade nella recidiva nel 67% dei casi».
Anche per Zuppi l’aumento dei giorni di liberazione anticipata «cambierebbe molto» per l’obiettivo di «decongestionare le carceri affollate e anche il presidente del Senato – ricorda – si è esposto perché si possa arrivare a fare 70-75 giorni di liberazione anticipata per un periodo di due anni retroattivo. Voglio riproporre ciò che ha chiesto papa Francesco ai governi affinché nell’anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza, forme di amnistia, di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società, la clemenza. Percorsi di reinserimento nella comunità, a cui corrisponde un concreto impegno nell’osservanza delle leggi».
La situazione allarmante richiede maggiore coraggio: «Siamo in presenza di un numero di suicidi assolutamente sconcertante. E l’impressione è quella di un atteggiamento cinico. Manca una riflessione chiara rispetto al fatto che la pena detentiva deve essere l’extrema ratio», ha detto la senatrice Anna Rossomando nell’introduzione. «Occorre guardare la realtà – dice Ciani nelle conclusioni - andando oltre i comodi schemi di un populismo che non intende farci i conti, ignorando i fondamenti dei principi umanitari della nostra Costituzione, nell’illusione di garantire più sicurezza, di fatto generando solo più insicurezza, per tutti».