venerdì 29 luglio 2011
L'Esecutivo ottiene il voto sul provvedimento che prevede modifiche al codice di procedura penale: 160 i sì, 139 i no. Ora il testo torna alla Camera. Critico il vicepresidente del Csm: «Va nella direzione opposta all'Europa».
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ll governo ha incassato al Senato la fiducia sul processo lungo con 160 sì, 139 no. Il provvedimentotorna all' esame della Camera. Il voto è stato preceduto da passaggi molto duri nelle dichiarazioni dell'opposizione. "Il corpo della politica è invasa dalle metastasi per colpa vostra, siete causa dell'antipolitica - ha detto il senatore dell'Idv Luigi Li Gotti -  Affondate nella sfiducia del popolo italiano, sarete ricordati come la pagina più buia della Repubblica".La capogruppo Anna Finocchiaro si è rivolta così ai colleghi della maggioranza: "Sarebbe il tempo dei liberi e forti e non dubito che molti di voi sarebbero in grado di esserlo e di esprimere la loro natura di liberi e forti e di dare oggi all'Italia la prova che questo governo è capace di badare adaltro che a un premier braccato che si chiude nelle sue stanze".Secca la replica di Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, che ha fatto riferimento alla vicenda che vede coinvolto Filippo Penati. "Non accettiamo lezioni di moralità da chi non ha titolo per impartirne. Se un regime c'è lo si vada a cercare a Sesto San Giovanni dove di padre in figlio i sindaci alimentano un sistema di illegalità che riguarda la vostra storia".Secondo il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti, il provvedimento va "nella direzione opposta rispetto all'Europa". "Il Csm - ha aggiunto Vietti, parlando con i giornalisti stamani a Torino - ha presentato una risoluzione con le proprie valutazione su tali provvedimenti, che sono molto critiche. Abbiamo valutato di non votarlo su richiesta di alcuni componenti laici per consentire un miglior approfondimento; prendiamo atto che il Governo non ha voluto fare lo stesso".LE POLEMICHE DI GIOVEDI'Sul "processo lungo" il governo pone la fiducia numero quarantotto. E al Senato, come evoca il numero, scoppia la rivolta. I due schieramenti si rinfacciano le colpe. Così svanisce quel clima di concordia registrato due settimane fa per la manovra e chiesto anche in questa occasione dal presidente di Palazzo Madama Renato Schifani.Tutto accade proprio nella mattinata in cui la più alta carica dello Stato, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, torna a sottolineare che «la politica è debole e irrimediabilmente divisa, incapace di scelte coraggiose, coerenti e condivise». Il Colle chiede uno «scatto», una svolta, «non foss’altro per istinto di sopravvivenza nazionale». Infine, il capo dello Stato, denunciando il «punto critico insostenibile» a cui è giunta la questione giustizia (e carceri), punta il dito sui «conflitti fatali tra politica e magistratura».Intanto alla fine di una mattinata concitata la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama fissa il voto per stamane alle 10. Mentre montano le reazioni alla decisione dell’esecutivo crescono. Nelle quali viene chiamato in causa il neoministro della Giustizia Francesco Nitto Palma, accusato da Pd e Idv di aver esordito male con questa fiducia. La capogruppo dei democratici Anna Finocchiaro gli chiede di andare subito in Parlamento a spiegarne i motivi. Anche nella maggioranza in verità qualche mal di pancia si registra. Tanto che il leader della Lega Umberto Bossi ammette: «Meno fiducie si mettono meglio è».Ma ormai è fatta. All’annuncio della fiducia, dato in aula del ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito, gli argini si rompono. Il vicepresidente del gruppo Pd Luigi Zanda grida al «regime». Il governo «abusa degli strumenti legali per istituzionalizzare una prassi di fatto antidemocratica», rincara la dose la presidente del partito Rosy Bindi. Tutta colpa dell’ostruzionismo delle opposizioni, sostengono i vertici del Pdl al Senato. Atteggiamento che è pure «tardivo», visto che il ddl era parcheggiato da mesi e nei giorni scorsi la Conferenza dei capigruppo aveva deciso all’unanimità di calendarizzarlo per l’aula prima della pausa estiva. Il vice del gruppo Gaetano Quagliariello rimanda, poi, al mittente l’accusa formulata da Zanda, perché a furia di gridare al lupo, «quando il regime dell’antipolitica arriva veramente si rischia di non accorgersene». Caustico anche il capogruppo del Carroccio Federico Bricolo: «Se porre la fiducia vuol dire regime, cosa dovremmo dire noi sul fatto che voi al governo la mettevate ogni giorno?». Insomma, a motivare l’atto dell’esecutivo sono state le barricate alzate dalle opposizioni, che mercoledì aveva presentato ben 11 pregiudiziali di costituzionalità contro un provvedimento definito "ad personam". Schieramento che ieri non ha digerito la controffensiva. Durissimo il commento del capogruppo dell’Udc Gianpiero D’Alia che parla di «calcio dell’asino» dato al Parlamento da un governo che «dovrebbe dimettersi». Saranno i «delinquenti» a ringraziare per questo provvedimento che «mette a soqquadro il sistema giudiziario italiano», mette agli atti Felice Belisario, presidente dei senatori dell’Idv. Anche i finiani partono all’assalto. Con la presidente della Commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno, per la quale processo breve e lungo vanno combattuti, perché «inaccettabili» e «ancora una volta ad personam». Gianni Santamaria
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