giovedì 24 marzo 2011
La Camera ha approvato le risoluzioni sulla Libia di maggioranza (per soli 7 voti) e opposizione e ha bocciato quella dei radicali. Il ministro La Russa in aula: i nostri aerei non hanno mai sparato. Anche in Senato ieri è stata approvata sia la mozione di maggioranza sia quella del Pd.
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La Camera ha approvato le risoluzioni di maggioranza e opposizione sulla crisi libica. La mozione presentata da Pdl e Lega è stata approvata con 300 voti a favore e 293 contrari. Respinta la mozione dei Radicali, che puntava sulla rescissione del trattato di cooperazione tra Italia e Libia. Prima delle intenzioni di voto hanno parlato i ministri Frattini e La Russa. Quest'ultimo ha detto che fino ad oggi la nostra Aviazione militare ha compiuto sulla Libia 10 missioni e "32 sortite senza aver mai registrato nessuna emissione radar sul suolo libico" e, quindi, non c'è stato bisogno di "nessun intervento attivo", cioè l'uso di missili per accecare la difesa aerea libica."Ancora una volta l'opposizione fa un gioco sporco" e invece di dimostrare senso di responsabilità,"come chiesto dal Capo dello Stato", ha preferito "trascinare la polemica politica in campo internazionale e ha votato contro la nostra mozione sperando che non avessimo i numeri. Ma ancorauna volta hanno fatto male i conti e si sono sbagliati". È duro il giudizio che il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, dà dell'opposizione e, in particolare, del Pd, in merito al voto contrario alla Camera sulla risoluzione di maggioranza relativa alla crisi libica.Pier Ferdinando Casini ha stigmatizzato l'assenza in Parlamento del premier Silvio Berlusconi. "Nella storia dei Paesi chi guida mette la sua faccia nei momenti facili e in quelli difficili, nella bella e nella cattiva storia", ha sottolineato. "Ieri e oggi questo Paese meritava la presenza del presidente del Consiglio, non si può stare al governo e guidare il Paese e far prevalere i tatticismi", ha insistito. Questo "senza nulla toglie a Frattini a La Russa che hanno fatto il loro dovere".LA DISCUSSIONE AL SENATOL'Italia si divide sull’intervento militare in Libia e malgrado un gioco di prestigio per tenere insieme le riserve della Lega accolte dalla maggioranza e la richiesta del centrosinistra di restare fermi sul testo che aveva avuto l’unanimità dei consensi con la sola esclusione del Carroccio, si vota in ordine sparso. Di fatto, restano le sfumature sull’opportunità della missione che ha ormai il comando della Nato, ma l’Italia dà il consenso all’operazione con una serie di documenti diversi, sottoscritti da maggioranza e opposizioni. Passa con 156 sì la risoluzione del centrodestra e con 127 conferme quella del Pd. Così neppure di fronte ai bombardamenti su Gheddafi la battaglia politica interna lascia lo spazio a una posizione unitaria, né la gravità della situazione convince il premier Silvio Berlusconi a partecipare ai lavori dell’Aula, malgrado la richiesta della sua presenza arrivi a gran voce dagli avversari, ma anche da alcuni dei suoi stessi alleati, compreso il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi.A spiegare i termini della partecipazione italiana e i cambiamenti di rotta sono i ministri degli Esteri Franco Frattini e della Difesa Ignazio La Russa, tra i banchi del governo semideserti. La maggioranza ha ritrovato compattezza di prima mattina, integrando la risoluzione su cui aveva avuto il consenso delle opposizioni con i punti richiesti dalla Lega, che esige garanzie sui nuovi flussi migratori dal paese in guerra. Ma nonostante gli sforzi del capogruppo pdl al Senato Maurizio Gasparri, Pd, Nuovo polo e Idv non si convincono e si arriva all’appuntamento in aula in ordine sparso.Il titolare della Farnesina appare subito molto prudente. Per «i sentimenti di amicizia» con il popolo libico, dice Frattini, «volevamo una soluzione pacifica alla crisi libica». L’unica«precondizione posta dalla comunità internazionale è l’abbandono del potere da parte di Gheddafi». Ma una volta deciso dalle Nazioni unite «l’uso della forza», continua, questo «sarà prettamente conforme alle regole dell’Onu», visto che l’Italia è da sempre «leale alla coalizione e al rispetto della legalità internazionale». E, insiste, «non si tratta di fare la guerra ma di impedire la guerra e le sue nefaste conseguenze». Ciò detto, non calca la mano neppure La Russa, il nostro Paese ha messo a disposizione delle forze alleate i tornado, ma non quelli con le bombe, e ha dato il suo consenso per «evitare la strage del popolo». Quanto ai profughi, spiega rivolto più alla Lega che agli avversari, «la partecipazione alla missione ci dà «più autorevolezza».Ma la posizione tiepida e «ondivaga» del governo fa pensare il contrario alle forze di opposizione, che tuttavia fino all’ultimo cercano di disinnescare la "bomba" del Carroccio per arrivare a un voto unitario. E in pochi minuti tra gruppi nuovi e vecchi inizia una sfibrante trattativa, che porta però a un nulla di fatto. La maggioranza si dice disposta ad accogliere la risoluzione del Pd, su cui si è già espresso il Parlamento. Ma non senza l’aggiunta della parte voluta dalla Lega, che continua a criticare l’intervento militare in base alla risoluzione 1973 dell’Onu. I democratici non ci stanno. Pure alquanto critica con il discorso del ministro degli Esteri, la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro propone in serata di fare «tabula rasa» annullando tutte le risoluzioni e di arrivare a un testo comune di tutto il Senato con cui «senza un distinguo si approvano le dichiarazioni rese in aula dal ministro degli Esteri Franco Frattini». L’idea piace alle altre opposizioni, ma la Lega non ci sta e in aula torna la Babele, con una rincorsa a scaricarsi la responsabilità della spaccatura. Il terzo polo, che si era visto accogliere una buona parte delle proprie richieste, riapre le ostilità con il governo, che in aula – insiste l’udc D’Alia – non è rappresentato dal premier. Francesco Rutelli accusa il Pdl di aver ceduto al Carroccio, mostrando un’Italia, secondo il leader dell’Api,«inadeguata nella gestione della crisi», sulla quale ha cambiato idea «cinque volte». Le accuse fioccano: «Siamo passati dalla non ingerenza a un impegno senza tregua per la rimozione di Gheddafi fino alla ripresa del controllo e alla prudenza», per poi aderire con pieno imopegno operativo» e infine al «rammarico per la posizione finale», anche per gli interessi economici del nostro Paese.Ma è il Pd a fine serata a mostrarsi più insoddisfatto per il mancato voto unanime di maggioranza e opposizione. Finocchiaro imputa al presidente del Senato Schifani l’aver rifiutato il voto sulla mozione del Pd prima di quella della maggioranza, che è pronta a inglobarla per intero. E si dice costretta come partito ad assumersi quelle responsabilità che per Finocchiaro il governo non prende su di sè. Durissimo l’attacco a Berlusconi, che, per la capogruppo, continua ad attaccare l’opposizione, proprio mentre il Pd si dice disposto a sostenere la relazione del ministro. Ma i democratici ritengono importante l’accordo. «Noi vogliamo che dal Parlamento esca rafforzato il ruolo dell’Italia: oggi nei confronti della comunità internazionale » e domani «con il nuovo governo libico» e perché l’Ue si attivi per non lasciare il nostro Paese solo con il problema dei profughi. Al contrario, insiste Finocchiaro come un fiume in piena, il governo indebolisce la posizione dell’Italia, perché la posizione espressa da Frattini sarebbe «ambigua sulle ragioni dell’intervento», perché non vede nel «genocidio che una dittatura sta compiendo nei confronti di un popolo» il vero motivo dell’adesione italiana alla guerra. Dunque, il Pd chiude la partita senza votare la risoluzione della maggioranza. Il Nuovo polo non partecipa al voto e il testo passa con i soli voti del centrodestra. Roberta D'Angelo
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