Indagato per diffamazione. Nel giorno del giuramento al Quirinale del nuovo ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, la denuncia- querela della comandante della Sea Watch, la tedesca Carola Rackete, nei confronti di Matteo Salvini è arrivata, per competenza territoriale, sui tavoli della procura di Milano.
È qui, infatti, che l’ex titolare del Viminale ha la residenza ed è qui che la pm Giancarla Serafini sta 'valutando' gli atti. Nella denuncia, tra l’altro, i legali di Carola, oltre alla diffamazione, avevano ipotizzato anche il reato di istigazione a delinquere. Rackete, in più, aveva chiesto anche ai magistrati il sequestro preventivo dei profili social attraverso cui «risultano pubblicati e diffusi i contenuti diffamatori e istigatori con specifico riferimento alle pagine Facebook e Twitter dell’accountufficiale di Matteo Salvini». Profili nei quali l’ex titolare del Viminale aveva usato parole dure nei confronti della tedesca e della sua manovra 'spericolata' per forzare il blocco nel porto di Lampedusa e far sbarcare, dopo 12 giorni in mare, i naufraghi soccorsi.
Nell’atto di querela la giovane aveva spiegato che le esternazioni di Salvini sul caso Sea Watch, «lungi dall’essere manifestazioni di un legittimo diritto di critica, sono state aggressioni gratuite e diffamatorie alla mia persona con toni minacciosi diretti e indiretti». Nella querela Carola cita le espressioni offensive dell’allora ministro: 'sbruffoncella', 'fuorilegge', 'delinquente', autrice di un atto 'criminale', responsabile di un tentato omicidio in quanto «avrei provato a ammazzare cinque militari italiani», «complice dei trafficanti di esseri umani» e altre ancora. Interventi che sono, si legge nella denuncia, «un puro strumento propagandistico e istigatorio di un 'discorso dell’odio', che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale ».
Affermazioni che «non solo hanno leso gravemente il mio onore e la mia reputazione, ma mettono a rischio la mia incolumità, finendo per istigare il pubblico dei suoi lettori a commettere ulteriori reati nei miei confronti». Immediata la replica dell’ex ministro all’indagine per diffamazione aperta dalla Procura di Milano nei suoi confronti. «Denunciato da una comunista tedesca, traghettatrice di immigrati, che ha speronato una motovedetta della Finanza: per me è una medaglia! Io non mollo, mai» scrive sui social. Intanto i pm milanesi fanno sapere di essere nella fase di 'valutazione' degli atti. Non è ancora stato deciso se ascoltare a verbale l’ex ministro, anche se nei fascicoli per diffamazione solitamente non è necessario sentire il querelato in indagini. Intanto, mille chilometri più a sud, il Tribunale di Locri ha revocato il divieto di dimora a Mimmo Lucano.
L’ex sindaco è potuto così tornare nella sua Riace, di cui è stato primo cittadino fino al giorno del suo arresto, il 2 ottobre dello scorso anno, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti. La revoca è stata disposta in accoglimento dell’istanza presentata dai difensori. «Sono felice di essere tornato a Riace », ha detto Lucano subito dopo essere arrivato in paese. Ad accoglierlo, oltre ad alcuni abitanti, un gruppo di rifugiati rimasti malgrado la revoca del sistema di accoglienza.