martedì 30 ottobre 2012
Nell’anniversario della tragedia di San Giuliano, il bilancio sulla sicurezza degli edifici scolastici
è sempre in rosso. I numeri dell’emergenza sono gli stessi e dal 2003 il monitoraggio è fermo.​
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«A tutti chiedo una sola cosa: che le nostre scuole siano più sicure perché altre mamme e altri papà non debbano soffrire come noi». Così Nunziatina, mamma del piccolo Luigi, il 3 novembre 2001 si era rivolta alle autorità durante il funerale degli "angeli di San Giuliano", i 27 bambini e la loro maestra morti nel crollo della scuola Francesco Jovine, in occasione del terremoto del 31 ottobre. E l’allora Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi si era scusato: «Noi adulti non siamo stati capaci di proteggere i nostri figli». Ma proprio quei piccoli morti, il loro sacrificio diede il via a un piano per la messa in sicurezza delle scuole. Ancora una volta è una drammatica emergenza a far scoprire le carenze del Paese. Ma dopo dieci anni quel piano è rimasto indietro, pochi soldi, ancora meno quelli spesi. E, anche qui, con la scure del Patto di stabilità che impedisce ai comuni di spendere i fondi, anche quando vengono stanziati.I dati dell’emergenza sono gli stessi di allora: gli edifici scolastici in zone ad alto rischio sismico sono circa 2.700, quelli in aree a rischio medio 21mila. Per metterli in sicurezza servirebbero almeno quattro miliardi di euro. Davvero una grande opera, tra le più importanti, urgenti e necessarie per il Paese. Ma ci vogliono i piccoli morti di San Giuliano per farlo capire. Così, su input dell’allora Capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, il governo propone un piano straordinario per la messa in sicurezza delle scuole italiane. Lo prevedeva la Finanziaria 2003. Doveva essere predisposto entro 90 giorni ma il tempo passa e partono solo due piani stralcio di 197 e 298 milioni, per 1.700 e 1.800 interventi. Poi la copertura scompare fino al decreto Gelmini del 2008 che permette di "trovare" altri 115 milioni.Si può così avviare il terzo stralcio, che viene però ritirato. Tocca alle commissioni Bilancio e Cultura della Camera resuscitare il provvedimento, attraverso una risoluzione che riguarda, però, solo il Centro-Nord. Da allora è tutto fermo al ministero delle Infrastrutture malgrado vari solleciti delle commissioni. Intanto nel marzo 2009, dopo una nuova tragedia, il crollo alla scuola Darwin di Torino con la morte di un ragazzo, grazie ai fondi Fas viene stanziato 1 miliardo (ieri un nuovo crollo proprio alla Darwin). Ma 226 milioni se ne vanno via subito per le scuole abruzzesi colpite dal terremoto. E anche questa volta si parte con stralci. Un primo stralcio per 358 milioni viene approvato per tutta l’Italia. E se ne predispone un secondo di 400 solo per le regioni del Sud. Ma per il primo al ministero delle Infrastrutture arrivano in tutto solo 170 milioni. Il resto non c’è più. Effetto tagli della Finanziaria che prevede finanziamenti solo «necessari» e «indifferibili». Intanto il secondo stralcio viene bloccato al Cipe.Tocca ai nuovi ministri Profumo (Istruzione) e Barca (Coesione territoriale) rimetterci le mani. Un po’ di soldi si trovano: 556 milioni (456 ex Fas) approvati dal Cipe il 20 gennaio scorso. Vengono ricontattate le regioni chiedendo di rivedere i progetti per far bastare i fondi. Lo fanno ma ora serve una nuova delibera del Cipe. Ci sono, infine, 20 milioni annui "prelevati" dalle spese per la politica (effetto "casta"), destinati a un fondo della Presidenza del Consiglio per l’edilizia scolastica, in particolare per le zone a rischio sismico. Fondi distribuiti ogni anno con un Ordinanza di Protezione civile (ad oggi destinati 80 milioni per 476 interventi). Su tutto, però, incombe il Patto di stabilità. Perché, incredibilmente, la sicurezza delle scuole non è esclusa. Così non sono rari i casi di Comuni che devono rinunciare ai lavori per non sforare i parametri di spesa. Inoltre, come denunciato sia dal Cipe che dalla Corte dei Conti, molti dei lavori vanno avanti a rilento.Ci si dimentica presto, anche dei piccoli morti. Così è rimasta parzialmente applicata un’altra iniziativa fondamentale per la sicurezza delle scuole. Era il monitoraggio «degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali», scuole comprese. Era prevista dall’Ordinanza di Protezione civile n.3274 del 20 marzo 2003. Gli edifici da verificare erano circa 70mila. Ma i fondi stanziati, appena 273 milioni, sono bastati solo per due anni, 2003 e 2004 e così ci si è fermati ad appena 7mila verifiche. E nessun governo ha pensato di rifinanziare il preziosissimo monitoraggio.IL RAPPORTO: UNA SU TRE È FUORILEGGEome stanno le scuola italiane? Molto male. Secondo l’annuale rapporto di Cittadinanzattiva quasi una su tre (il 28%) è del tutto fuorilegge, priva dei requisiti di base previsti dalle norme sulla sicurezza. E meno di una scuola su due (il 41%) possiede il fondamentale certificato di collaudo statico o di agibilità statica, quello che non aveva, né avrebbe potuto avere, la scuola di San Giuliano. Ma l’associazione non è l’unica a denunciare questa situazione. Secondo un recente studio dell’associazione Contribuenti italiani il dato delle scuole con tale certificato scende addirittura al 34%. Mentre nell’ultimo rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente cala ulteriormente fino al 24,8%, mentre solo il 10,30% delle scuole nei comuni a rischio terremoto (il 41,48% del totale) è costruito secondo le norme antisismiche. Non sembra essere cambiato nulla o quasi da dieci anni fa. In occasione del dramma di San Giuliano il ministero della Pubblica istruzione rese noti i dati del monitoraggio sulla sicurezza delle scuole condotto tra il 2001 e il 2002. Ebbene allora i dati ufficiali riferivano che il 53% degli edifici scolastici non possedeva il certificato, con punte dell’86% in Sardegna, del 76% in Calabria e Umbria, del 69% nel Lazio e in Liguria, tutte regioni ad altissima sismicità e franosità (esclusa la Sardegna, ma solo per i terremoti).E non si tratta, come allora, solo di questa gravissima carenza. Sempre secondo Cittadinanzattiva il 21% delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato. Così nel 19% dei casi sono presenti crolli di intonaco nei corridoi, nel 14% nelle aule e nei bagni; muffe e umidità in bagni e aule (24%), mense (18%) e palestre (17%). Nel 23% delle aule ci sono finestre rotte, mentre tapparelle o persiane mancano del tutto nel 56% dei casi. Ci sono poi pavimenti sconnessi (21%), banchi e sedie rotte (13 e 18%). Mentre l’88% delle classi non ha porte antipanico e le scale di sicurezza sono assenti nel 22% degli edifici. E c’è poco da stupirsi visto che, denuncia Legambiente, più del 60% degli edifici scolastici risale a prima del 1974 e solo l’8% è stato costruito negli ultimi venti anni.
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