giovedì 30 novembre 2023
Save the Children presenta i dati della ricerca condotta insieme all'Osservatorio sui Conti pubblici italiani. L'appello: «Rendere un pasto sano al giorno un servizio pubblico essenziale»
In mensa pranza solo un alunno su due. Perché è una cattiva notizia
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Anche avere l'opportunità di pranzare nella mensa scolastica può fare la differenza tra chi ha successo negli studi e chi si perde per strada. Perché i territori dove è più alta la dispersione scolastica sono anche quelli che meno offrono il servizio mensa nelle scuole. Da qui la necessità di riconoscere la refezione scolastica come servizio pubblico essenziale, prevedendo un Fondo apposito per rendere gratuito l'accesso alle fasce più povere della popolazione. Arriva a queste conclusioni, la ricerca “Mense scolastiche: un servizio essenziale per ridurre le disuguaglianze”, presentata da Save the Children e realizzata in collaborazione con l'Osservatorio sui Conti pubblici italiani.

Secondo l'indagine, in Italia il 55,2% dei bambini delle scuole primarie hanno accesso al servizio mensa, ma le differenze territoriali sono molto ampie, a danno (ancora una volta) delle regioni meridionali. Se, infatti, a Firenze il 96% degli scolari pranza in mensa, a Palermo Ragusa e Siracusa il servizio è garantito a una fascia di popolazione scolastica variabile tra il 6% e l'8%.Le percentuali più basse sono di cinque regioni meridionali: Sicilia (11,2%), Puglia (16,9%), Campania (21,3%), Calabria (25,3%), Molise (27,4%). All'opposto, in Liguria il servizio mensa è garantito all'86,5% degli alunni della primaria, in Toscana all'82,7% e in Piemonte al 79,4%.

Senza la mensa, però, le scuole non possono funzionare a tempo pieno, servizio di cui usufruisce il 40% degli scolari italiani, sempre secondo il dossier di Save the Children. Ancora una volta, le percentuali più basse sono al Sud (Molise 9,4%, Sicilia 11,1% e Puglia 18,4%), mentre le regioni virtuose sono tutte del Centro-Nord: Lazio 58,4%, Toscana 55,5% e Lombardia 55,1%. E senza tempo pieno, le scuole fanno fatica a contrastare la dispersione, che infatti in Italia è all'11,5%, con punte del 18,8% in Sicilia, del 16,1% in Campania e del 14,7% in Sardegna, mentre la media europea è al 9,6%.

Infine, poter pranzare in mensa significherebbe, per tanti bambini, avere la possibilità di consumare almeno un pasto equilibrato e sano al giorno. Un valore importante soprattutto per il 13,4% dei minori (pari a circa 1,27 milioni di persone) che vive in condizioni di povertà assoluta (con un picco del 15,9% nel Mezzogiorno) e per l'1,7% che sopravvive in povertà estrema, cioè con meno di 2,15 dollari al giorno.

Per offrire gratuitamente la mensa almeno al 10% degli alunni più poveri della scuola primaria, Save the Children ha calcolato che servirebbero 243 milioni di euro l'anno, che diventerebbero 486 milioni per estendere la gratuità al 20% degli alunni, mentre per il 50% servirebbero 1,2 miliardi di euro e 2,4 miliardi per rendere la mensa gratuita per tutti. Un primo passo potrebbe essere costituito da un Fondo di contrasto alla povertà alimentare a scuola, con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro per il 2024, 2,5 milioni per il 2025 e 3 milioni a partire dal 2026. «La refezione scolastica va riconosciuta per quello che è, un servizio pubblico essenziale, per il quale occorre stabilire uno specifico Lep (livello essenziale di prestazione)», sottolinea Antonella Inverno, responsabile ricerca, dati e politiche di Save the Children.

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