giovedì 15 settembre 2016
​ Aspromonte, pendolari per forza a 11 anni per colpa della burocrazia. E a Trasquera, in Piemonte, una sola bimba in quinta elementare.
Viva lo scolaro (e il suo passo di lumaca) (G.D'Alessandro) 
Scuola nuova chiusa: niente professori
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Diciotto alunni, tra cui una ragazza disabile, sono rimasti senza scuola. Succede ad Oliveto, frazione collinare di Reggio Calabria che si arrampica a 15 chilometri dal mare alle pendici dell’Aspromonte. Una storia surreale che incastra mamme e papà, coi loro figli, nella più classica e fitta rete del rimpallo di responsabilità. Ci accoglie il parroco don Armando Turoni nell’ex banco alimentare trasformato in canonica, dove ad attenderci ci sono i genitori dei ragazzi del quartiere che hanno trovato i cancelli della scuola media chiusi. «Un cortocircuito», ci dice Nino, papà di una bimba di Oliveto. Ma l’inconveniente non è la corrente elettrica, ma una mancata comunicazione tra l’Ufficio scolastico regionale e il dirigente dell’Istituto comprensivo 'Moscato' di cui il plesso fa parte. «Tutto parte da febbraio – ci spiega Carmela che aveva accompagnato il suo bambino ai cancelli – dagli 'open day' con i futuri insegnanti dei nostri figli che ci avevano incoraggiato ad iscriverli nella scuola della nostra frazione». Una scuola a pochi passi dal campa- nile, sulla cui riapertura il comune di Reggio Calabria ha investito ingenti capitali pubblici: la struttura è nuova di zecca, così come intatti sono i 15 computer mai utilizzati e la palestra. Sono arrivati anche i banchi e le lavagne, c’è tutto per iniziare. Mancano solo un insegnante di italiano e uno di inglese: «Carenza di organico, rispondono dal Provveditorato degli studi di Reggio Calabria», ci confidano i genitori. La scuola è un presidio educativo fondamentale, soprattutto laddove vi è una carenza di servizi collaterali come quello del trasporto pubblico locale. Iscrivendo i ragazzi in centro città, infatti, la sveglia suonerebbe - per tutto l’inverno - all’alba per giungere in tempo, alle 6.45 del mattino, alla fermata del bus. Non solo una levataccia, ma la consapevolezza che il proprio figlio, di 11 anni, dovrebbe restare da solo a 20 chilometri da casa per diverso tempo prima di entrare a scuola oppure aspettando il bus del ritorno. Per non dire di quegli istituti che, per via del sovradimensionamento, optano per il turno pomeridiano con i ragazzi di prima media costretti a viaggiare con la navetta delle 21. L’emergenza è palese, il danno oltre la beffa. Si attendevano di poter condividere le emozioni del primo giorno di scuola, si sono ritrovati a protestare davanti agli artefici di un pastrocchio tutto italiano. «I nostri figli sono vittime della burocrazia », ci dice Elvira, mamma di uno studente. L’istituto di Oliveto abbraccia una comunità vasta di quartieri periferici che si sentono abbandonati dalle istituzioni: Santa Venere, Trunca, Paterriti, Curduma. Eppure nella vallata c’è un netto aumento demografico. «Qui si sta bene», afferma Fortunato, papà di una ragazzina ieri obbligata a una 'vacanza' improvvisata. Sono 18 i ragazzi e le ragazze, che da tutta l’estate si preparavano a condividere i banchi della loro classe, lì ad Oliveto. I genitori ce l’avevano messa tutta, applicandosi per tempo per premunirsi di agibilità dei locali e del codice meccanografico della scuola, da anni 'spauracchio' per l’eventuale riapertura del presidio scolastico. «Non abbiamo mollato fino alla fine – ci dice Carmela – e qual è il risultato? Che tutti i bambini sono a scuola, tranne i nostri». Arriva una telefonata dal-l’Istituto comprensivo 'Moscato': la protesta sembra sortire gli effetti sperati, si dovrebbe davvero cominciare. I genitori accolgono con positività la notizia: stamattina saranno, di nuovo, fuori dai cancelli per accompagnare i loro figli in un’esperienza che - sperano - sia più edificante di quella passata ieri.
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