lunedì 11 gennaio 2021
Don Saraco da quattro anni sta rinnovando il luogo, simbolo di religiosità popolare ma anche del potere 'ndranghetista. Il vescovo: "No a illegalità"
Don Tonino Saraco, rettore del Santuario di Polsi

Don Tonino Saraco, rettore del Santuario di Polsi - Foto A.M.Mira

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Frasi denigratorie ed offensive sono state scritte da ignoti contro don Tonino Saraco, parroco ad Ardore, nella Locride, e da quattro anni rettore del santuario di Polsi, simbolo della religiosità popolare ma a lungo anche luogo dei summit 'ndranghetisti. E don Tonino era stato nominato dal vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, proprio per riportare Polsi al suo vero valore. Le frasi erano state scritte su un muro lungo una strada provinciale, qualcuno le ha lette ed è andato a riferirlo al parroco che si è subito recato nella locale stazione dei Carabinieri dove ha sporto denuncia per diffamazione, così come aveva già fatto la scorsa estate per un episodio analogo. A rendere noto l’accaduto, con un comunicato, è il vescovo di che, a nome suo e della chiesa diocesana, esprime "piena fiducia, vicinanza e solidarietà" a don Tonino.

Un episodio che non deve essere sottovalutato. Il santuario di Polsi, situato nel cuore dell’Aspromonte, ogni estate, in occasione della festa della "Madonna della montagna" a cui è dedicato, diventa meta di migliaia di pellegrini provenienti da tutta la Calabria e anche da altre regioni, ma vi si incontravano anche i capi dei clan per delineare strategie, rinnovare alleanze, svolgere "riti" di iniziazione, come documentato da dichiarazioni di collaboratori di giustizia e da riprese dei carabinieri. Una stagione che sembrerebbe finita, grazie al forte impegno di monsignor Oliva e di don Tonino. E questo evidentemente disturba. "Ancora una volta - scrive il vescovo - viene scelta la via della diffamazione, per denigrare un sacerdote, che tanto bene opera sia al Santuario della Madonna della Montagna che nella parrocchia di Ardore Marina. Con gli insulti e la diffamazione non si va da nessuna parte. Si lede la dignità della persona e si tenta di scoraggiare ogni proposito di bene".

Si ricorda che l’azione pastorale condotta da don Tonino, "è un servizio religioso importante" e "le sue attività sono dirette a privilegiare sempre il bene della comunità e non di singoli". Don Tonino è da anni impegnato su questo fronte, e la ’ndrangheta lo sa. Nell’agosto 2004, quando era parroco a Siderno, gli fecero trovare appesa allo specchietto retrovisore della sua auto una busta di plastica con cinque proiettili di pistola di grosso calibro e un messaggio più che eloquente: "Se continui così tutti questi colpi te li spariamo in testa". Il fattore scatenate era stato un "no" a un mafioso locale. Ma il parroco non ha certo fatto passi indietro. Così il 29 dicembre 2016 si è inaugurato il Centro di aggregazione sociale della parrocchia in una palazzina confiscata a un boss della 'ndrangheta di Natile di Careri, e assegnata alla comunità parrocchiale. Una scelta convinta della diocesi che ha in gestione ben sette beni confiscati e sostiene l'attività in altri quattro.

La stessa linea scelta per Polsi dove, osserva monsignor Oliva, il rettore "tende ad affermare, in piena sintonia col vescovo, l’immagine di ciò che deve essere: luogo di preghiera, di conversione a Dio e di accoglienza dei pellegrini, ma anche spazio umano di crescita sociale e civile che non cede ai compromessi e non si concilia con qualunque azione illegale e malavitosa". Parole molto chiare, quelle del vescovo, che sottinea i "tanti buoni frutti", quali "un’accoglienza dignitosa e sicura dei pellegrini, l’organizzazione di incontri e ritiri spirituali, la vigilanza e l’ordine pubblico". Nessun passo indietro, nessun tentennamento. "A don Tonino ho affidato quattro anni fa la custodia di questo luogo sacro sapendo che non si sarebbe arreso di fronte ad ogni possibile forma di intimidazione. Purtroppo spesso ha dovuto confrontarsi con mentalità distorte e comportamenti negativi che ostacolano il cambiamento ed il rinnovamento". Infine due chiari messaggi. "Chi opera nelle tenebre ha paura della luce, chi semina maldicenze o diffama una persona attraverso scritte ingiuriose, lettere anonime o sui social e altre vie illecite non cammina nella Chiesa, e, se è cristiano, offende questo nome e non segue gli insegnamenti del Signore". E alla comunità l'invito a reagire prendendo le distanze "da tali inaccettabili comportamenti: Bisogna scegliere sempre la via della carità, della lealtà e del rispetto verso tutti. Questa l’unica via che fa crescere in umanità il nostro territorio".

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