lunedì 26 maggio 2014
Oggi alla Camera il discusso disegno di legge sul "divorzio-breve". In sei mesi diventerebbe possibile dirsi addio. «Sbagliato eliminare il tempo per ripensarci».
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«Ci amavamo ma non lo sapevamo più». Ci hanno messo del tempo, Sonia e Dario De Michelis (41 anni lei, 47 lui, residenti a Grosseto), prima di capire che, in fondo, le ragioni per cui, vent’anni prima, si erano scelti e sposati erano ancora tutte valide. Soltanto dovevano togliere la polvere che, da almeno cinque anni, aveva finito per ingolfare il motore della loro relazione e che li aveva portati a un passo dalla separazione. Gli avvocati erano già stati allertati e le lettere per avviare la pratica erano ormai pronte per essere spedite. «Mi ero proprio allontanata da mio marito», racconta Sonia. Che, prima di gettare la spugna, vuole fare comunque un ultimo tentativo, soprattutto per il bene dei due figli di 20 e 15 anni. «Attraverso don Paolo Gentili dell’Ufficio famiglia della Cei – riprende – ho conosciuto il Centro Betania di Roma, dove seguono coppie con problemi di relazione. Ne ho parlato a Dario e insieme abbiamo deciso di provare».Per la coppia è l’inizio della risalita. Dopo anni di assenza di dialogo e di incomprensioni che avevano creato un autentico «muro contro muro», Sonia e Dario ricominciano a guardarsi come due innamorati. Torna il dialogo e anche i problemi sembrano meno grandi di quanto non fossero appena pochi mesi prima.«Discussioni ci sono ancora – riprende Sonia – ma la situazione è nettamente migliorata. Se non avessimo incontrato Betania, quasi certamente ci saremmo separati. E lo stesso sarebbe probabilmente accaduto se il cosiddetto “divorzio breve” fosse già legge. E invece, anche grazie al tempo che abbiamo avuto per ripensarci, il nostro matrimonio è ancora vivo e noi ci stiamo impegnando per renderlo sempre più forte».Dopo una relazione di oltre 25 anni, tra fidanzamento e matrimonio, anche il legame tra Stefania e Giuseppe si era andato via via sfilacciando, fin quasi a diventare inesistente. Nonostante i due figli ancora piccoli, marito e moglie vivevano ormai «due vite parallele», destinate a non incontrarsi più. All’origine di tutto, gli impegni di lavoro di lui, che lo assorbivano completamente. «Mi sentivo non amata – racconta Stefania – e non volevo più stare dentro un rapporto che non sentivo più mio».A questo punto, ai due la strada più facile e diretta sembrava quella dell’addio. E così sarebbe stato se non avessero incontrato i volontari dell’associazione Oasi Cana della diocesi di Monreale (Palermo), che li invitano ad intraprendere il cammino di Retrouvaille (che significa ritrovarsi), programma che ormai da molti anni sostiene le coppie in difficoltà relazionale.«Oggi siamo una coppia felice e serena – dicono Stefania e Giuseppe con legittimo orgoglio – e ci impegniamo per migliorare quotidianamente la nostra relazione di sposi. Ma ci chiediamo: se avessimo buttato via le nostre vite con il divorzio, che cosa sarebbe stato di noi e dei nostri bambini? Per fortuna abbiamo avuto il tempo per ripensarci e oggi siamo felici».Anche Paola e Corrado Galaverna di Torino, grazie all’incontro con Retrouvaille, sono riusciti a salvare un matrimonio che dura ormai da 27 anni, li ha resi genitori di tre figli tra i 25 e 13 anni e nonni felici di un bimbo di 2. Pure per loro i primi sintomi della “malattia” furono la mancanza di comunicazione e di dialogo.«Quello che era stato un matrimonio d’amore – ricordano Paola e Corrado – si stava trasformando in una relazione a senso unico dove ognuno di noi pensava quasi soltanto a se stesso. Stava nascendo in noi un sentimento di frustrazione per il fallimento di qualcosa che era stato importante. Il deterioramento del nostro matrimonio aveva provocato in noi dolore, rabbia e conflitti continui. Sembrava davvero che l’unica strada possibile fosse la separazione». Invece, un giorno, quasi per caso, leggono un articolo sul programma Retrouvaille e decidono di provare. «Ci iscrivemmo solo per avere la coscienza a posto, per poter dire che le avevamo provate proprio tutte per salvare il matrimonio e la famiglia».A gennaio 2005 comincia il loro cammino che continua ancora oggi. «Ci è voluto molto tempo, costanza, perseveranza per guarire le ferite che ci eravamo causati per tanti anni – concludono i coniugi Galaverna –. Crediamo fermamente che quando c’è la volontà di ricostruire, un matrimonio può essere salvato».Bisogna però averne il tempo. Che la nuova legge pare invece non voglia più concedere alle coppie in crisi.
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