giovedì 27 ottobre 2011
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Vecchie parole, nuova voce: «C’è un problema di mancata prevenzione generale, in un territorio troppo antropizzato dove spesso non sono stati fatti interventi per la mitigazione dei rischi», ha detto il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli. Cioè quanto da (almeno) dieci anni viene ripetuto dalla Protezione civile, da Legambiente, ad esempio e da ogni esperto.Il ministro: «Via al Piano». E Stefania Prestigiacomo ha preso la palla al balzo nel giro di poche ore: «Bisogna attuare subito il Piano anti-dissesto idrogeologico», ha scritto in una nota, diffusa in serata, il ministro dell’Ambiente. E il Piano «è esigenza ed emergenza per il Paese. L’abbiamo resa una priorità operativa che deve essere attuata con la massima celerità possibile e con i fondi programmati» anche se «saranno necessari altre ingenti risorse ed altri massicci interventi».Quasi 3.500 morti. Del resto la tragedia in Liguria e Toscana è l’ultima di una lunghissima serie. Secondo la ricostruzione storica dell’Istituto di ricerca protezione idrogeologica del Cnr , infatti, dal 1960 al 2010 in Italia gli smottamenti gravi del terreno hanno provocato 3.407 morti, 15 dispersi e 1.927 feriti, mentre le vittime della furia delle inondazioni sono state 715, i dispersi 69 ed i feriti 909.Frane e inondazioni. A livello regionale, le vittime delle inondazioni nelle regioni italiane sono state in Piemonte 124 (5 i dispersi e 102 i feriti) e in Liguria 61 con 10 dispersi e 18 feriti, in Toscana 70, in Sicilia 107, in Campania 49, solo per citarne alcune regioni. A morire sotto le frane, invece, sono state 1.778 persone in Veneto, 362 in Campania, 358 in Trentino Alto Adige, 230 in Friuli Venezia Giulia, 148 in Piemonte e via via poi tutte le altre.Previsioni «puntuali». Nel caso di Liguria e Toscana – ha detto ancora Gabrielli – «le previsioni sono state precise e puntuali, per quanto lo possono essere quelle di una scienza che non è mai esatta», e «il sistema di allertamento ha comunque funzionato». Però adesso «bisogna lavorare sull’informazione ai cittadini, che devono essere messi al corrente dei rischi che corrono», possibilmente in tempo reale o poco più.Territorio martoriato. Allora, in una situazione «che resta ancora così complessa – ha continuato il capo della Protezione civile – proseguito Gabrielli - il tema della mancata prevenzione non può che essere scontato». Non fosse perché la situazione è sotto gli occhi di tutti: «C’è il rispetto del territorio venuto meno, l’abbandono, la cementificazione in aree che la natura e l’esperienza dei nostri antenati ci indicavano a rischio».La natura presenta il conto. Ecco perché – sottolinea Gabrielli – «mi viene da sorridere amaramente quando ci si lamenta delle inondazioni e poi si vedono case costruite là dove non sarebbero dovute essere: la verità è che la natura presenta sempre il suo conto e al di là dei costi economici, ci sono costi in vite umane che non ci potremo mai perdonare».Tanta strada da fare. Non tocca infine solamente alle istituzioni, com’è ovvio che sia: al contrario il tema della prevenzione riguarda anche le singole persone: «Ho visto fotografie di persone con ombrelli sui ponti o non lontano da corsi gonfi d’acqua – conclude Gabrielli –: il Paese, anche sotto l’aspetto della cultura della protezione civile e del rispetto di sé, deve ancora fare un bel tratto di strada».
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